22/05/2017 14:30
LAROMA24.IT - La Juventus conquista il 33esimo tricolore, il sesto consecutivo. La vittoria sul Crotone mette la parola fine al campionato. Alla Roma resta un secondo posto da difendere nell'ultimo turno, che dovrebbe essere la passerella finale per Capitan Totti.
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Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
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LEGGO (R. BUFFONI)
La Juventus riscrive la storia, mentre la Roma si prepara a salutare 24 anni della sua di storia. Domenica allo stadio Olimpico alle ore 18 Francesco Totti scenderà in campo per l’ultima volta con la maglia della Roma. Guarda caso l’avversario sarà il Genoa, il club che nel 1893 portò il football in Italia e contro il quale l’8 maggio del 1983 i giallorossi spezzarono il digiuno di 41 anni vincendo il loro secondo scudetto. Adesso di secondo c’è il posto in classifica da conquistare, ma il Genoa arriverà già salvo e molto meno determinato. Non faccia scherzi la Roma: vinca prima di tutto la partita, ma renda indimenticabile l’ultimo atto di questo splendido romanzo chiamato Totti. Ieri anche gli Irriducibili della Lazio gli hanno reso l’onore delle armi («I nemici di una vita salutano Francesco Totti»). Sono in programma fuochi d’artificio, video emozionali, saluti da chi ha giocato con e contro Francesco. Soprattutto ci sarà un Olimpico pieno in ogni ordine di posto, come non succedeva da quel Roma-Parma del 17 giugno 2001. Domenica come allora toccherà a Totti farlo saltare in aria. Il capitano non potrà regalargli un altro scudetto, ma un altro pieno di entusiasmo e di lacrime di gioia questo sì. Sarà l’ultima volta. Fategli largo.
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Dopo 38 giornate, chi vince è sempre il più forte, figuriamoci la squadra che conquista lo scudetto per sei volte consecutive. Onori e gloria alla Juventus, entrata di diritto nella storia del calcio italiano. Con il double in cassaforte, giusto il tempo di qualche festeggiamento, è già tempo di concentrarsi sul prossimo trofeo, il più ambito dai bianconeri: la Champions League. Nella testa, da ora, ci sono Cardiff e quel Real Madrid da sconfiggere a ogni costo. Del resto, alla Juventus sono abituati così: dopo un successo si pensa subito a quello successivo. Fatturato, programmazione, qualità di dirigenti, allenatore e calciatori fanno la differenza ma è, soprattutto, la mentalità la qualità primaria e vincente in casa bianconera. Dalle altre parti i successi illudono e le sconfitte deprimono: alla Juventus accade l’esatto contrario. Le cadute (poche) aiutano a essere più forti, le vittorie alimentano la fame di successo. Tra i tanti protagonisti, in una stagione che può diventare fantastica, c’è uno che più di tutti ha meriti straordinari: si chiama Massimiliano Allegri. Un tecnico di valore assoluto, eppure “normale”, nell’atteggiamento e nelle dichiarazioni, nonostante le enormi pressioni. Ha gestito al meglio una rosa debordante, e per questo complicata, trovando nel cammino le soluzioni migliori. Da Mandzukic a Dani Alves, da Dybala a Pjanic. Nel giorno del sesto scudetto consecutivo (il terzo torinese per lui), Allegri ha dato il giusto merito anche alle avversarie. Roma e Napoli sono state un stimolo a fare sempre meglio e potrebbero rappresentare un serio pericolo al dominio bianconero. In termini numerici il distacco si è accorciato, ma i club di Pallotta e De Laurentiis sbaglierebbero a ritenere ormai raggiunto l’obiettivo. Il difficile arriva adesso.
LEGGO (A. MORETTI)
Daniele De Rossi è un fine analista di calcio, oltre che un campione: ascoltateli i suoi giudizi a freddo. Una settimana fa disse, dopo il trionfo sulla Juve senza credere ad un incipiente rimonta scudetto: «Solo tra qualche anno capiremo contro che incredibile squadra ci stiamo misurando». Sei scudetti di fila non li ha vinti mai nessuno; nessuno è riemerso dalla B buttando 4 stagioni come ha fatto la Juve. Pazzesco, quindi, il tempo di Andrea Agnelli, Elkann, Marotta, Conte (ora vincente in Premier) e poi Allegri, Buffon-Marchisio-Chellini che erano ad Arezzo nel giorno della promozione in A, dopo Calciopoli, nel 2007. Più della Juve di Combi e Rosetta; più del Grande Torino; più dell’Inter del triplete con un titolo a tavolino. Indiscutibile. Anche come esempio: Roma, Napoli e milanesi che ambirebbero a vincere non cerchino modelli oltre frontiera. A Torino c’è rigore economico e rigore tecnico-agonistico, comportamentale. Vincono per questo.
CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
È stato un campionato più difficile per la Juve anche perché nessun avversario ha mai mollato. Quattro punti di vantaggio sono niente, segnano una posizione ma non un dominio. E ancora non è finita. La Juve ha subìto inoltre il 30 per cento in più dei gol di un anno fa, mai così numerosi nei sei anni (26). E ha segnato 15 reti meno del Napoli, 13 meno della Roma. Higuain è andato bene ma non ha dominato, Dybala ha cambiato ruolo, è cresciuto molto tatticamente, ma sta chiudendo a soli 10 gol. Mandzukic è stato un eroe ma costringe a pensare se sia l’uomo migliore per il tipo di compiti affidatigli. L’unico mai sostituito è stato Khedira, di solito il più sostituibile per necessità muscolari. In sostanza, non è una Juve senza domande. Abbiamo visto un’eccezione nei numeri, nell’idea di gioco, ma domani è già un’altra scommessa. Per questo mi sembra che sia lo scudetto di altri, meno dei giocatori e più di Allegri ed Agnelli. È stata decisiva la forza dura per tenere una direzione più che l’estro dei campioni.