01/05/2017 15:41
LAROMA24.IT - All'indomani del ko nel derby, è pioggia di critiche sulla Roma. I giallorossi perdono per 3-1 la sfida con la Lazio e falliscono l'ennesima partita decisiva stagionale. Chiuso il capitolo scudetto, con la Juve che potrebbe festeggiare già domenica prossima oppure tra due settimane all'Olimpico, mentre si riapre il discorso secondo posto, con il Napoli che si riavvicina a -1 dai giallorossi.
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Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
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IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Se è vero che tre indizi fanno una prova, le valutazioni calcistiche elaborate fin qui nella Capitale vanno necessariamente riviste. Il campo ha evidenziato gli ottimi valori dei biancocelesti e quelli sopravvalutati dei giallorossi. Riportare il risultato dell’ennesimo derby alle mosse azzeccate di Inzaghi e all’incapacità di Spalletti nel trovare le contromosse sarebbe riduttivo. In verità, nonostante proclami, monte ingaggi e fatturato, le differenze tecniche tra Roma e Lazio sono meno di quanto si è pensato fino a oggi. A cominciare dalla panchina, dove Inzaghi, anche se giovane, si è dimostrato allenatore di spessore, tra i migliori in assoluto del campionato. Il tecnico prima ha compattato il gruppo, poi ha lavorato sulla squadra dandole identità e più soluzioni tattiche. La rosa poi, seppur incompleta in alcuni settori, ha qualità di primissimo piano, che poco hanno da invidiare alle presunte big. Ai vari Keita, Immobile, Felipe Anderson, Biglia, Parolo, de Vrij o Milinkovic, la squadra ha saputo aggiungere poi due doti fondamentali: l’umiltà e la consapevolezza dei propri limiti. Dopo ieri, la Roma tutta esce ridimensionata. Alla squadra, in vistoso calo mentale, confusa tatticamente, non rimane che salvare il secondo posto che, pur rimanendo un risultato importante, non può cancellare la delusione per gli appuntamenti falliti in stagione. I proclami e l’ossessione per la vittoria hanno portato a poco. Fare tesoro degli errori commessi sarebbe già un ottimo inizio per arrivare alle vittorie tanto attese.
GAZZETTA DELLO SPORT (L. GARLANDO)
Se è vero che il secondo posto, come sostiene Spalletti, «spalanca le porte del paradiso», il Napoli è a un passo da San Pietro. O da San Gennaro, se preferite. Sconfitta in un derby traumatico, la Roma, con un punticino di vantaggio, affronterà Milan e Juve nelle due prossime tappe, mentre il Napoli, con il vento nelle vele, è atteso da due approdi molto più morbidi: Cagliari e Toro. Nelle orecchie dell’elettrico Spalletti rimbomba il ticchettio di una freccia da sorpasso. Aveva ragione il profeta di Certaldo quando, qualche settimana fa, teorizzava un buco nero nell’anima della Roma, un malessere innato e quindi inguaribile. Prima o poi, arriva sempre il momento in cui la squadra non riesce a reggere la sua felicità, si ferma e si fa male da sola. Eccoci. I giallorossi, vincendo il derby, sarebbero risaliti a -6, avrebbero potuto sperare in uno scherzo da derby del Toro e sognare di giocarsi lo scontro diretto con la Signora a -3. In queste contingenze delicate, dovrebbero essere i senatori a reggere il timone. Vediamoli. De Rossi segna il rigore e festeggia mostrando gli zebedei al nemico; Strootman si tuffa in area e rischia la prova tv; Totti si becca con la sua dirigenza per il suo futuro. E così la Roma che voleva mettere la Juve nel mirino, si ritrova nel mirino del Napoli e nel frullatore delle proprie isterie.
CORRIERE DELLA SERA - edizione di Roma (L. VALDISERRI)
Una corrente di pensiero afferma che il valore aggiunto che Luciano Spalletti ha portato alla Roma sia la «mentalità vincente». Lo ripetono anche molti calciatori - De Rossi e Strootman ultimi in ordine cronologico - e questo può significare soltanto due cose: 1) Spalletti riesce a convincerli in allenamento della bontà dei suoi metodi; 2) il miglior allenatore è sempre quello in carica. La lista dei flop della Roma in questa stagione, purtroppo per i suoi tifosi, che si meriterebbero altro, ripercorre quasi fedelmente il calendario. È difficile trovare tracce della famosa mentalità vincente, a meno che non ci si accontenti di tanti (questi sì) successi contro squadre di seconda fascia. Perso nella sua caccia ai fantasmi, lo Spalletti 2.0 non è quasi mai stato all’altezza dello Spalletti «prima maniera», quando la Roma giocava bene e le mosse del tecnico (Totti «falso nueve») erano il motore che trainava il gruppo.
LA REPUBBLICA (G. MURA)
La Roma s’inchioda in casa, nel derby. O meglio, è la Lazio che l’inchioda grazie a una superiore freschezza e a una chiarezza d’idee che la Roma sembra aver smarrito. Enorme la differenza, tanto più se si calcola che il rigore su Strootman non c’era. All’ora di pranzo faceva caldo, ma per tutti. Ci ha rimesso chi aveva meno carburante: la Roma, e i motivi sono noti. La Lazio, con Keita scatenato, ha dimostrato di non patire l’assenza in extremis di Immobile. Più squadra, più tutto, con un regista vero, Biglia. La Roma in teoria ne aveva due, De Rossi e Strootman, ma quanto più lenti. Tutt’altro discorso per il secondo posto: il Napoli s’è portato a un solo punto dalla Roma. Ha un calendario migliore e sembra più in salute.
IL TEMPO (G. GIUBILO)
E’ lo specchio, questo derby in cui Inzaghi non sbaglia una mossa e Spalletti non ne indovina una, della stagione giallorossa. Anche se il secondo posto potrebbe costituire un traguardo esauriente, non va dimenticato che il duello con la Juve in realtà non è mai neanche cominciato. Restano, come spesso accade in casa giallorossa, i rimpianti e l'esame degli errori commessi. Quelli del tecnico, soprattutto, che hanno configurato una sorta di fallimento sotto il profilo psicologico. Se agiti continuamente lo spettro di un probabile addio a fine stagione, non trasmetti un messaggio positivo né alla squadra, né alla società. E dunque, è soprattutto sul piano umano che Spalletti ha tradito le attese e, in questo senso, quel posto d'onore ancora difeso in qualche modo, non può rappresentare risolutivo di tutti i mali, perchè in realtà le ambizioni di primato sono rimaste ferme alla chiacchiere: troppe, ancora una volta. Anche i continui giudizi negativi su Dzeko hanno tolto al bomber giallorosso la voglia di riscatto e questa posizione di sconforto e uno dei tanti aspetti di una resa che nessuno si aspettava così improvvisa e così ingiustificata. Anche perché la Roma non può neanche aggrapparsi agli alibi degli episodi, che anzi in più di un’occasione l'hanno agevolata. Del resto, gli stessi fattori psicologici negativi non hanno registrato segnali di ravvedimento da parte di un tecnico che è mancato soprattutto nelle situazioni più delicate. In questo senso, i derby stagionali hanno testimoniato una scarsa propensione a prendere atto dei momenti che avrebbero potuto rappresentare una svolta. A conti fatti, nonostante la posizione di classifica tuttora privilegiata, si riparte ancora una volta da zero: un destino al quale troppe volte la squadra giallorossa sembra doversi rassegnare.
CORRIERE DELLA SERA - edizione nazionale (M. SCONCERTI)
L a Roma non era da scudetto. Lo dicono i numeri. Ha perso 7 partite su 33, non si vince il campionato con queste medie. Il massimo consentito è 5, condizione peraltro necessaria ma non sufficiente. Il Napoli ha perso solo 4 partite, come la Juve, ma è solo terzo. Oltre trenta i gol subiti, altro confine. Si è davvero competitivi solo rimanendo sotto i trenta. Si può far finta di niente solo se il tuo avversario è fragile, ma non è cosa né della Juve né del Napoli. Così la Roma adesso rischia il secondo posto, cinquanta milioni di introiti che si aggiungono agli 80 già messi quest’anno da Pallotta. Sono cifre sconosciute al calcio, insostenibili. Per questo penso che molte squadre fra 10 anni scompariranno, o meglio, si camufferanno, cambieranno nome, entreranno in altre. I calciatori non sono più pagabili da uno sport in difficoltà. Non lo fosse ci sarebbero ancora Moratti e Berlusconi, il Mondiale non andrebbe a 48 squadre, la Lega avrebbe un presidente, non si penserebbe a una Lega di sole grandi società. Ma andiamo avanti. Ora Spalletti va considerato l’ex tecnico della Roma. Da mesi ha insistito nella sua verità non richiesta, «se non vinco me ne vado». Ora è ufficiale, non ha vinto niente. È questo il tempo di essere coerenti. Ma sento già sussurrare che il secondo posto è una porta per il paradiso. Allora avevo ragione quando gli dicevo di stare zitto, di non esagerare, o, come direbbe Dzeko, di non fare ancora il furbo!
IL GIORNALE (T. DAMASCELLI)
I centurioni sono tornati al Colosseo. Roma sogna di nuovo l'impero. Francesco Totti, ottavo re, esce sconfitto dall'Olimpico. Il derby segna la fine dei sogni romanisti, Totti partecipa alla sconfitta, da estraneo a una commedia che, ormai, non è più sua. L'ultima esibizione contro la Lazio è stata uguale ad altre recite improvvisate di questa stagione, da mattatore a figurante, una comparsa senza anima, con l'espressione assente. E’ stato l'ultimo derby della sua carriera. Forse, chissà, può essere, vedremo. Nessuno può saperlo, soltanto lui, Francesco, ottavo re di una città che cerca il passato e non riesce a trovare il futuro, appesa a se stessa, alla nostalgia e al confronto con una realtà che sta diventando amara. Totti capitano della sconfitta, Totti in panchina e poi chiamato a soccorrere una lupa fradicia e non pin affamata, squadra di mezze figure e di disonesti atleti chiamati sportivi. Non può finire così una carriera che, per i romanisti e non soltanto per loro, conserva il profumo della leggenda. Non può finire con una passeggiata malinconica sul prato dell'Olimpico nella partita simbolo della capitale. Stavolta la purga l'ha somministrata il suo allenatore, il toscanello Spalletti che lo ha usato come si usa tra parenti serpenti, fingendo di amarlo ma vivendo un rapporto odioso e odiato. Totti non c'entra con la sconfitta del derby, ha perso la Roma, non lui che mille altre volte l'aveva salvata. Il derby segna il confine per i tifosi che alto non vedono nella capitale se non, ancora, il duello tra Orazi e Curiazi. A quarantuno anni Totti resta un mistero. Non buffo ma potrebbe risultare patetico se non viene risolto l'equivoco. Totti ha bisogno ancora della Roma? O è la Roma ad avere ancora bisogno di Totti? Penso che nel mezzo, come sempre, ci sia la verità. Un campione, anche nel pieno della salute fisica, deve comprendere quale sia il tempo dell'ultima giocata, l'atto finale di una storia che non ha bisogno di nuove didascalie mentre sta rischiando, purtroppo, una lettura meschina. Il calciatore ha vinto la sua grandiosa partita, da sempre e per sempre. Ora è il momento: Francesco si ritiri, resterà comunque Totti, nell'album delle figurine che nessuno potrà stracciare, nella storia del calcio che nessuno potrà smentire. Ci saranno altri derby e la Roma continuerà la sua avventura. Come i centurioni, sognando il passato.