06/05/2017 01:39
BUSINESS INSIDER (G. BALESTRIERI) - La Champions League vale 150 milioni l’anno o poco più. Molto meno comunque dei 690 milioni messi sul piatto da Mediaset per il triennio 2015-2018. E’ quanto emerge dal bilancio del Biscione che ha svalutato la quota residua dei diritti tv per 123 milioni di euro. Insomma a Cologno sono sempre più consapevoli che investire nei diritti sportivi per la pay tv sia stato uno dei loro più grandi errori. D’altra parte il fallimento dell’operazione Champions League era noto in casa Mediaset da tempo. A poco più di un anno dall’offerta monstre del 2014 (690 milioni per i diritti tv del triennio 2015-2018), i vertici del Biscione avevano capito che l’operazione non sarebbe stata sostenibile. Anche perché nel frattempo non era riuscita la presa a tenaglia sui diritti tv della Serie A: assicurarsi l’esclusiva delle migliori 8 squadre del campionato sul digitale e sul satellite avrebbe messo in ginocchio Sky che invece – anche a costo di rinunciare a una buona fetta dei propri margini – è riuscita a mantenere lo status quo. E lo stesso Pier Silvio Berlusconi ha ammesso all’inizio del 2017 che “la fase anti Sky è terminata”.
Insomma nel 2014 Mediaset ha avuto la palla per chiudere il match con i rivali del satellite, ma mancando il colpo del ko si è trovata con una struttura di costi non sostenibile per una pay tv locale. “La decisione di Mediaset di uscire dal mercato dei diritti sportivi risale a gennaio 2016 e subito dopo abbiamo iniziato a negoziare con Vivendi” ha detto agli analisti l’amministratore delegato di Premium, Marco Giordani, che poi ha aggiunto: “Il fatto che Vivendi abbia poi deciso di non rispettare il contratto firmato con noi, non cambia la nostra posizione sui diritti tv per la pay”. Anche per questo il gruppo ha iscritto a bilancio svalutazioni per 274,9 milioni, principalmente imputabili a Serie A e Champions League: “E’ un’attività che abbiamo deciso di dismettere – ha proseguito Giordani – quindi non ha senso valutare a bilancio questi asset come se avessimo intenzione di mantenerli per i prossimi 10 anni”. D’altra parte il ritorno non è stato quello sperato: gli abbonati sono cresciuti nell’ordine delle decine di migliaia e i ricavi non sono aumentati a sufficienza per coprire gli investimenti. Il fatturato è passato da 558 a 619 milioni di euro, mentre i diritti tv di Serie A e Champions League, da soli, valgono 600 milioni l’anno.
Alla fine dello scorso anno, quindi, Mediaset ha riparametrato il valore residuo dei suoi investimenti tagliando quello della Serie A di 133 milioni di euro e quello della Champions League di 123 milioni: un messaggio non proprio confortante né per la Serie A né per la Uefa che si preparano alle aste per il prossimo triennio. Se per l’asta dei diritti del campionato bisognerà aspettare ancora qualche mese, l’Uefa intende chiudere la partita italiana tra fine maggio e inizio giugno e ha in programma di incassare complessivamente 3,2 miliardi di euro per il triennio 2018-2021: il 28% in più di quanto spuntato nell’ultima asta. Dalla Gran Bretagna sono già arrivati 1,2 miliardi di euro (+28%), la Germania – che all’ultimo giro ha speso 120 milioni di euro l’anno – potrebbe rilanciare scommettendo sul successo delle sue squadre, così come farà la Spagna (due squadre in semifinale nel 2017 e due in finale nel 2016) e forse anche la Francia. Più difficile che in Italia qualcuno pensi di mettere sul piatto oltre 880 milioni (cioè il 28% in più dei 690 milioni dell’asta 2014). Un po’ perché delle squadre italiane solo la Juventus passa regolarmente la fase ai gironi, ma soprattutto perché la stessa Mediaset ha ammesso che il prezzo giusto non supera i 150 milioni di euro.