30/05/2017 13:35
LA REPUBBLICA (L. D'ALBERGO) - IL senso del M5S capitolino per le grandi opere, testato per la prima volta sulle frequenze del nuovo stadio della Roma, adesso si concretizza nel recupero di un progetto finito nel dimenticatoio e sepolto sotto il macigno di un maxi- contenzioso da 462 milioni di euro. I grillini vogliono la metro D e per realizzarla dovranno trattatare con il ministero delle Infrastrutture. «È un’opera che ci interessa, noi non vogliamo accantonarla», spiega il consigliere pentastellato e presidente della commisione trasporti Enrico Stefàno.
La quarta linea dell’underground romano finirà dunque nel Pums, il piano urbano della mobilità sostenibile che il Campidoglio 5Stelle dovrebbe presentare prima del rompete le righe per le ferie estive. Ma con qualche modifica: «Sono passati anni dal primo progetto, qualcosa quindi cambierà», conferma Stefàno. Le basi gettate nel 2000, in piena era Veltroni, non dovrebbero però essere toccate: un ipotetico nuovo masterplan non si discosterà troppo dal tracciato da 3,4 miliardi di euro che avrebbe dovuto collegare l’Eur a Talenti incrociando la metro A a piazza di Spagna e la C a piazza Venezia. Un’idea ambiziosa, ma rimasta solo su carta. Alemanno e Marino, già alle prese con le grane della linea verde, chiusero infatti il progetto nel cassetto dei desideri. Senza curarsi troppo delle conseguenze: Condotte Spa, la società che si aggiudicò l’appalto e che ha realizzato anche la Nuvola di Fuksas, ha chiesto 462 milioni di danni al Comune per lo stop sull’opera. Un’infrastruttura che avrebbe dovuto reggersi su un sistema di finanziamento misto. Da una parte il 50 per cento dei fondi sarebbero arrivato dai privati in project financing. L’altra metà sarebbe stata sostenuta dalle casse di Palazzo Senatorio. Un’ipotesi ormai impercorribile: i conti del Campidoglio non possono sostenere uno sforzo simile. Avanti, allora, alla trattativa con il governo.