29/05/2017 13:29
Con l’addio di Totti tramontano i sogni di una generazione e anche una certa estetica del calcio, che prevede muscoli e corsa al servizio della palla e non viceversa, ma il futuro ringhia nuovi comandamenti che adesso, all’improvviso, non sembrano poi così belli.Farà il dirigente con un’etichetta da stabilire, ma adesso poco importa. I fischi feroci che ricoprono Spalletti e il presidente Pallotta quando si avvicina al capitano (gelido con entrambi) sono come una sentenza.
All’ingresso delle squadre in campo la Sud si ricopre di giallorosso e si crea una scritta: «Totti è la Roma». Poi la partita, che sembra solo l’anticipo di ciò che tutti aspettano. Francesco esce dal campo, la squadra e lo staff tecnico si schierano aspettando il capitano, che risbuca dal tunnel accanto alla Sud. Tutti cercano l’abbraccio di Francesco, lui lo regala a tutti, ma quello vero è per Ilary, Cristian, Chanel e Isabel.
Giunto sotto la Sud appare un pallone e Francesco sopra vi scrive: «Mi mancherai», prima di calciarlo in curva. Poi l’abbraccio di De Rossi, che ha gli occhi lucidi come lui. Il nuovo capitano gli porge un vassoio d’argento su cui è scritto: «Grazie Francesco, il tuo esempio è il nostro futuro». Poi arriva un microfono e Totti comincia a parlare. «Purtroppo è arrivato questo momento che speravo non arrivasse mai. Questi giorni sono state scritte tante cose su di me, belle e tristi. Ho pianto sempre da solo a casa come un matto: 25 anni non si dimenticano, mi siete stati vicini nel bene e nel male. È impossibile raccontare tanti anni in poche frasi, mi piacerebbe farlo con una canzone o una poesia, ma non sono capace di scriverle, per questo ho provato a esprimermi attraverso i piedi con cui mi viene tutto più semplice. Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Vorrei che la mia carriera diventasse una favola da raccontare. Ora è finita veramente, spegnere la luce non è facile. Ad un certo punto si diventa grandi. Maledetto tempo. Mi levo la maglia per l’ultima volta, anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho chiarito i miei pensieri. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”. Questa volta sono io he ho bisogno di voi, del vostro calore». La famiglia e gli amici lo aspettano per la cena in un ristorante sull’Aventino.
(gasport)