21/06/2017 18:48
ILPOSTICIPO.IT (A. CIARDI) - Avete mai assistito a un blitz annunciato, con location, orario dell’irruzione ed esito finale largamente previsti? No. Perché il blitz non si annuncia. Perché solo chi lo effettua conosce il luogo e l’ora X, e al massimo può prevedere, ma non avere certezza, come finirà. A meno che non si entri a piedi pari nel mondo del fantasmagorico. Il mondo del calciomercato. Dove il fascino antico ha lasciato spazio ai decibel. Di chi non è nessuno se non urla paonazzo l’imminente blitz magari del Direttore sportivo del Bressanone per rinnovare il contratto in scadenza del trentottenne terzo portiere che stava per cedere alle lusinghe del Pergocrema. C’erano una volta i siparietti scanzonati di Maurizio Mosca e David Messina. I primi a non prendersi sul serio. I primi a rendersi conto che l’invasione delle partite in tv (fine anni Ottanta, inizio Novanta), stava togliendo appeal alle chiacchiere su carta e davanti alla telecamera legate esclusivamente al commento dell’evento. Bisognava condire un piatto che stava diventando debole. E sfruttando l’Eldorado calcistico, l’Italia, all’epoca una spanna davanti agli altri, iniziarono a romanzare sfruttando un filone che nella realtà proponeva davvero tanta carne al fuoco, non come ora dove nei lanci delle trasmissioni di settore si annunciano fuochi d’artificio che quando arrivi ai titoli di coda ti senti quasi preso in giro. Siamo ai dettagli. Peccato manchi soltanto la volontà del club cedente di cedere e i soldi per acquistare al club acquirente. E poco importa se fra i dettagli scopriamo che il calciatore oggetto della presunta trattativa per firmare debba convincersi ad accettare la decurtazione del 40% dell’ingaggio.
Poco importa se siamo nella terza decade di giugno. Il countdown parte da meno 70, giorni, alla chiusura della sessione estiva. Ma se ne parla come se mancassero 70 minuti. Sì, quelli che oramai si vivono con la telecamera fissa sul solitario inviato piazzato davanti alla porta del box della Lega di Serie A, desolatamente vuoto, ignorato persino dagli eredi di Paolini a caccia di inquadrature, sperando che un dirigente, un mezzo dirigente, guadagni in extremis ad ampie falcate l’accesso al tavolo della certificazione dell’operazione dell’ultim’ora. Niente. Tutto desolatamente malinconico. Quando mancano 70 minuti. O 70 secondi. Figuriamoci quando i 70 sono giorni. Ma fa lo stesso. Già a fine maggio si arrotano i coltelli: ultimatum! Dieci giorni di tempo o la trattativa salta. Come dire: io devo vendere. Tu vuoi comprare. A me servono soldi. A te serve il calciatore. Io che devo vendere non ho scadenze incombenti eh, ho almeno un mese di tempo per ripianare eventuali passivi di bilancio. Ma ti do l’ultimatum. Ultimatum: 10 giorni o la trattativa salta. Quindi se tu ti presenti l’undicesimo giorno, magari con più soldi di quanti me ne aspetto, ti respingo. Sei fuori tempo massimo. O si è fuori, di testa, nel pensare che il calcio possa permettersi di dare ultimatum che non siano fissati dal calendario economico di ogni club? Esageriamo. Urliamo. Interrompiamoci a vicenda. Magari per dare la linea al giovane rampante, fomentato nel pre trasmissione, affinché faccia irruzione (blitz?) per darci le succulente news sul club di Serie C. Come avevamo anticipato, perché ci abbiamo lavorato quindi ci risulta. Ossia: quando il proprio ego supera l’ingaggio di Cristiano Ronaldo. Per marcare il territorio, la notizia magari elettrizzante passa sempre più in secondo piano. I pavoni fanno la ruota, devono ribadire, sottolineare, evidenziare da quanto tempo loro sapessero dell’esistenza della trattativa. Con prove documentate, possibilmente da retwittare. E guai a ricordare, magari tramite social, che le prove documentate andrebbero esibite anche per quelle operazioni annunciate e mai condotte in porto. Se non si viene bloccati, arriva la risposta: era tutto fatto, ma all’ultimo momento l’acquirente non ha trovato l’intesa col giocatore. Ma allora non era “tutto fatto”.
Magari ci si è fidati dell’entourage del calciatore. Già, il fantomatico entourage del calciatore. Non arrivi all’agente? Il dirigente ti rimbalza? Tranquillo, un entourage del calciatore ti salva la vita. “Dall’entourage del calciatore apprendiamo”, l’entourage del calciatore adoriamo e veneriamo. Perché è tosta riempire una mattinata bollente di metà giugno con le news. Poi nel pomeriggio magari becco l’esclusiva. O meglio, l’ESCLUSIVA. Pardon, +++ESCLUSIVA – PARLA IL PRESIDENTE: MERCATO? NON PARLO”+++ Il tempo non si dilata, si riduce. Capita quindi che Antonio Conte a metà giugno ha una nuova crisi con il Chelsea perché “Abramovic non gli ha ancora comprato nessuno”. Ancora comprato nessuno? A metà giugno? La crisi si traduce con un rinnovo contrattuale pluriennale una manciata di giorni dopo a 11,5 milioni a stagione. Avercene di crisi di rapporto simili. Non è peccato mortale insistere su una pista, non è peccato mortale pensare di avere avvistato un calciatore. Può capitare. Chi non fa non sbaglia. Peccato mortale è mortificare una branchia del calcio che è stata affascinante, seducente, intrigante. Ma che da anni viene stuprata, urlata, seviziata. La panna della succulenta torta è diventata acida. I commensali che vogliono spartirsela fino all’ultima briciola se la litigano dandosi addosso a vicenda, in mezzo ci finiscono i sognatori estivi, i tifosi. Che non ne vogliono sapere di munirsi di sistemi auto difensivi adeguati. Sono ancora pronti a rovinarsi le vacanze illusi da un blitz che non verrà mai effettuato o da un dettaglio che non sarà mai definito.
Chiaro che il calciomercato tiri. Opportuno evitare di spezzarlo. Che tirasse si capì una sera di piena estate quando un famoso telegiornale delle venti fra i titoli del sommario lanciò in modo perentorio una notizia bomba: scambio Vieri-Shevchenko, scambio Inter-Milan. Clamore totale, primi anni Duemila, i dettagli in cronaca, nel servizio, gli agenti dei calciatori sono stati già in via Turati (all’epoca sede Milan), ora si stanno trasferendo in via Durini (all’epoca sede Inter). Uno degli agenti, di Sheva, era Oscar Damiani. Che stava seduto ma non in automobile. Bensì sulla terrazza del Romazzino a Porto Cervo a mangiare crudi di pesce. La bufala nacque sul web, sui forum burloni che all’epoca imperversavano, una sorta di nonni degli attuali social. Può capitare. Ma testimonia l’escalation del calciomercato nelle scalette televisive. Al punto che sul solco della migliore tradizione degli spin-off, ha conquistato uno sazio magistralmente gestito da chi con serietà lavora alla materia h24, tessendo reti, stabilendo contatti, magari anche sbagliando, ma lavorando seriamente e non prendendo abbagli clamorosi. Mantenendo su livelli di massima dignità la materia più ammiccante del calcio, quella che non ti inchioda alla realtà tramite risultati impietosi ma che per tre mesi concede il sogno anche al tifoso della squadra più indebitata. Per leccarsi le ferite ci saranno nove mesi di tempo. Intanto sogno. Purché il sogno non sia ridotto in incubo da chi se ne approfitta della buonafede. È scaduto l’ultimatum. Dall’entourage del sito mi informano in ESCLUSIVA: “NON C’È PIÙ SPAZIO PER SCRIVERE” +++FINE+++