20/10/2017 13:53
A volte, per guidarci nella testa delle persone servono le parole. C’è un modo di dire slavo – sembra nato in Serbia – che racconta il modo di approcciarsi allo sport dei campioni di quelle terre vicine ma diversissime. «Morire nella bellezza», si dice, quando il fascino del gesto tecnico supera persino quello della vittoria. Edin Dzeko e Aleksandar Kolarov, mercoledì scorso, sono andati ad un passo dall’accoppiata, perché il pareggio funambolico col Chelsea alla fine un retrogusto amarognolo lo lascia.
INSEPARABILI – Viste le loro radici il feeling tra i due è forte. Con le famiglie dividono spesso il tempo libero, ma il meglio lo danno sul campo. Un dato su tutti: dei 19 gol segnati finora dalla squadra di Di Francesco, 14 li coinvolgono in maniera diretta o indiretta: se non è la rete, è l’ultimo passaggio. Come dire, il 73,6% delle gioie giallorosse surfa sull’onda slava.
IL TOP IN CARRIERA – Se nell’undici titolare della settimana di Champions la Uefa ha inserito Kolarov ma non Dzeko, il capolavoro balistico dell’attaccante ha rubato la vetrina in tutta Europa, scomodando paragoni con gol simili di Van Basten, Batistuta, Totti e Del Piero. In attesa di far coppia con Schick (che oggi forse potrebbe tornare in gruppo), il bosniaco non cerca solo la bellezza, ma anche la prolificità, certificata dalle 59 reti segnate in 100 partite giallorosse. «Il primo gol di Kolarov è stato molto importante ci ha dato fiducia – ha detto subito Dzeko a Roma Tv –. Poi è venuto il mio. La palla l’ho presa benissimo e ne è venuto fuori forse il gol più bello della mia carriera. Ora però occorre dare continuità ai risultati. Dobbiamo avere più fiducia perché siamo forti, ma la prossima gara col Torino potrebbe essere anche più difficile».
LA RINASCITA – La concretezza che spira dalle parole del centravanti può essere che nasca anche dai primi, difficili momenti romani. «Nessuno vuole vincere più di me – ha raccontato al “Guardian”– . Le critiche quando gioco male non sono un problema. Lo sono invece gli insulti, quelli fanno male. Questo è il tempo dei social, ognuno ha la possibilità di dire in pubblico cosa pensa, non importa quanto illogica o stupida sia. Tutti possono avere un’opinione, tutti possono insultarti perché non hai giocato bene. Le persone pensano che a loro importi più che a me, ma non è vero. Non è mai facile leggere cose come queste o sentire i tifosi urlare certe cose. Sai di essere meglio di così, ma a volte è difficile cambiare le cose. Le persone non capiscono che anche noi siamo esseri umani, che abbiamo problemi anche noi».
PALLOTTA FELICE – A proposito di problemi: in campo si cercano con lo sguardo e con l’istinto, sarà che per Kolarov vien naturale alzare la testa e cercare l’amico, sarà che per l’altro è statisticamente assai più probabile che un’assistenza possa arrivare dalla sinistra che non dalla (barcollante) destra. Di Francesco s’è innamorato di un terzino sinistro di quelli che «vorrei farvi vedere come si allena, la sua professionalità è un esempio per i più giovani». Lui ed Edin sono le facce internazionali di una Roma che internazionale mai è stata, nell’era dei dollari. Acquisti benedetti e politicamente corretti. Prendi Kolarov, di gran lunga finora il colpo migliore dell’ultimo mercato. Walter Sabatini lo tirò via da Belgrado per 850 mila euro. Il direttore sportivo Monchi l’ha riportato qui per 5 milioni, metà dei quali già rientrati in cassa coi 5 punti Champions. Sarà per questo che, nella notte di Londra, James Pallotta il secondo abbraccio particolare dopo Edin («hai fatto un gol fantastico») l’ha riservato proprio ad Aleksandar.
(gasport - M.Cecchini, D.Stoppini)