09/10/2017 14:31
IL MATTINO (F. DE LUCA) - All'inizio di agosto due ministri, Minniti e Lotti, e i presidenti del Coni, Malagò, e della Federcalcio, Tavecchio, annunciarono in pompa magna un'epocale svolta nel rapporto con le tifoserie perché vi sarebbe stato il via libera alle trasferte e in tempi rapidi si sarebbe arrivati all'abolizione della "tessera", introdotta nel 2007 dopo l'omicidio dell'ispettore Raciti. Questa apertura, questo gesto di fiducia, questo tentativo di togliere odiosi divieti non vale per Roma-Napoli.
Sabato all'Olimpico i tifosi azzurri residenti in Campania non saranno ammessi (quelli provenienti da altre regioni si discriminazione già applicata in passato) e ciò accadrà anche per i tifosi giallorossi residenti nel Lazio in occasione della partita di ritorno tra cinque mesi. Questa insopportabile restrizione dura da tre anni ed successiva alle tensioni esplose tra le tifoserie di Napoli e Roma - o meglio: parte di esse - dopo l'omicidio di Ciro Esposito. Ulteriore sale sulla ferita è stato gettato dalla sentenza della Corte d'appello di Roma, che ha ridotto da 26 a 16 anni la condanna dell' omicida Daniele De Santis, ultra romanista, definendo "una bravata" il drammatico episodio del 3 maggio 2014 a Tor di Quinto. In questi anni di veleni - all'Olimpico sono stati ascoltati cori di sostegno per De Santis ed esposti striscioni contro la mamma di Ciro; gli spostamenti prepartita delle due squadre sembrano quelli blindatissimi di capi di stato per il timore di agguati - nulla è stato concretamente fatto per mettere definitivamente in un angolo i violenti delle due fazioni che non vedrebbero l'ora di menarsi o peggio e per restituire alle parti sane delle tifoserie di Napoli e Roma - le più ampie - questa partita di grande fascino.
Non è stato fatto alcuno sforzo, non c’è traccia di alcun intervento, se non quelli di prammatica - dal giro di vite del Viminale al dialogo con i gruppi ultra - annunciati nella triste primavera di tre anni fa. Finì subito anche il tempo delle parole. Le istituzioni (dirigenze di Roma e Napoli comprese) hanno deciso di accantonare questa vicenda. Il Viminale decide niente napoletani a Roma e niente romani a Napoli? Va bene cosi, non proviamo ad andare oltre e a studiare soluzioni per il problema. Ma non si comprende che in questo modo vincono sempre loro, i violenti delle curve?
La maturità dell'organizzazione calcistica si misura anche attraverso la ferma opposizione a pressioni dirette e indirette di estremisti ultra che tuttora fanno il tifo per De Santis o cercano vendetta per Ciro. I divieti continuano ad alimentare tensioni e odio. Ci saremmo aspettati che l'obiettivo del progetto "Stadi aperti" fosse restituire le partite tra Roma e Napoli a due delle tifoserie piu belle e appassionate, un tempo gemellate.
Sembrava un segnale positivo l'apertura ai napoletani per Lazio-Napoli del 20 settembre, in cui non si registro il minimo problema di ordine pubblico. Ci eravamo illusi. All'Olimpico e al San Paolo vigerà ancora il divieto che va in senso contrario rispetto agli auspici di Antonella Leardi, la mamma di Ciro. «Roma-Napoli deve tornare ad essere una festa: giocarla senza tifosi napoletani e una sconfitta», disse alla vigilia della partita disputata a Roma nell'aprile 2015, nove mesi dopo l'omicidio del figlio. Lei ha dato subito una prova di sensibilità e amore per il calcio, tutti gli altri hanno scelto la comoda strada del silenzio.