31/12/2017 16:11
LA STAMPA (M. DE SANTIS) - La favoletta della Roma grande con le piccole, in attesa di esserlo anche con le concorrenti dirette, è già finita nel libro dei ricordi. Con il Sassuolo, resuscitato dalla cura Iachini, altri due punti vitali lasciati per strada: sei in tutto, in poco più di un mese comprendente anche lo sfratto al primo colpo dalla Coppa Italia per mano del Toro e l’ormai tradizionale capitombolo con la Juve allo Stadium, sommando pure quelli dilapidati con Genoa e Chievo. La crisi d’identità romanista, la prima dell’era Di Francesco, è ufficialmente aperta: c’è più di qualcosa che non va, soprattutto in fase offensiva, tanto da aver trasformato un gruppo organizzato e da battaglia in un agglomerato di tanti spaesati singoli protagonisti in cerca d’autore. Impensabile, se parametrato alla Roma autoritaria che due mesi fa aveva sbranato il Chelsea e poco dopo addomesticato la Lazio.
“TUTTA COLPA NOSTRA” – Il pareggio amaro di ieri, confezionato da una zuccata di Missiroli (l’uomo che nel 2013 siglò la promozione dalla B alla A al primo colpo per il Sassuolo di Di Francesco) e avallato dalla Var (ineccepibile il fuorigioco millimetrico di Dzeko e quello attivo di Under nelle due reti annullate), certifica l’involuzione giallorossa e ha tutte le sembianze di un’involontaria dichiarazione di resa anticipata per i discorsi di altissima classifica. D’altronde andando avanti di questo passo, con una sola vittoria (1-0 con il Cagliari al 94’ grazie alla Var, dettaglio non secondario) nelle ultime cinque uscite stagionali, perdere terreno dalla vetta è la logica conseguenza. «Facciamo mea culpa – ammette Di Francesco – siamo stati sottotono e se vogliamo ambire a traguardi importanti non ce lo possiamo permettere. Mi auguro che sia solo un momento passeggero, probabilmente l’uscita dalla Coppa Italia ci ha tolto qualcosa dal punto di vista mentale».
CALO FISIOLOGICO – Sicuramente, negli ultimi tempi un pochino cupi, le prove tecniche di convivenza Dzeko-Schick e della relativa compatibilità di coppia con il 4-3-3 della casa hanno persino ingarbugliato le cose in attacco, già abbastanza ingolfato di suo. «Possono giocare insieme. Ma oggi come oggi, anche se Schick sentiva i sintomi dell’influenza, l’esame non è stato superato», la riflessione di Di Francesco. Tra le magagne della Roma attuale, però, non c’è solo la sterilità del reparto offensivo. C’è anche, ad esempio, il calo fisiologico di una buona parte di coloro che avevano portato la croce nella prima parte di stagione e il contributo finora quasi nullo, fatta eccezione per Kolarov e Pellegrini (ieri autore del classico gol dell’ex), portato in dote dagli acquisti del mercato estivo. Il cantiere romanista rimane apertissimo. L’errore, probabilmente, risiede nell’averlo considerato chiuso troppo in fretta.