31/12/2017 16:51
(..) Mentre la Roma arrancava provando a render meno aspro il sapore di questa ultima curva dell'anno, la curva e lo stadio tutto applaudiva un giocatore in evidente difficoltà (e massacrato sui social network e anche un po' altrove) uscire dal campo con l'immagine di un errore macroscopico ancora nella mente. Non che sia stata la miglior performance del tifo, anzi probabilmente per scarsa coordinazione e rabbia, di quella che ammutolisce, forse si può parlare a ragione di una delle peggiori degli ultimi tempi. Eppure erano tutti lì a spingere a modo loro la Roma contro il Sassuolo, come quei vasi rotti che gli antichi giapponesi amavano aggiustare utilizzando l'oro colato. Ad imbellirne i segni di una violenza, per render pregio un difetto. C'erano facce sconvolte, volti amareggiati e increduli, speranze che volavan via come foglie d'autunno. Ma almeno c'erano tutti, i romanisti. C'erano e ci saranno anche se il futuro regalerà l'ennesima stagione da "vorrei ma non posso". Quello è il loro compito. Esserci ed esser ciò che son sempre stati, con la loro innocente ingenuità di chi continua a credere in qualcosa che forse non arriverà. Esserci come medicina migliore per smaltire la delusione di chi è vero che vuol solo stare con lei e cantare per lei. Ma vuole soprattutto vincere. Che non si dica però che non ci abbiano provato, tutti insieme in un sogno d'orgoglio come quella canzone dei Pink Floyd sul voltar le spalle. Alla Roma non si può voltarle, mai.
(Il Romanista - G. De Gennaro)