11/01/2018 13:08
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI) - Il momento è di quelli complicati. Risultati e prestazioni hanno messo in discussione tutto il buono costruito nei mesi precedenti. Questo è il calcio, Di Francesco lo sa bene, non si era esaltato prima, non è abbattuto o sfiduciato ora. Per questo tiene a ricordare che a inizio stagione non solo lui, ma praticamente tutta l'Italia calcistica «non considerava la Roma ancora pronta per lo scudetto» L'ambientazione è insolita, il Pitti a Firenze come testimonial di un'azienda abruzzese di maglieria, ma il clima è simile quello di un post partita, con telecamere, microfoni e taccuini ad assediare il tecnico giallorosso. Del resto, dopo il caso Nainggolan, la sconfitta con l'Atalanta ha aperto la crisi e con la sosta, l'apertura del mercato e il summit societario di Londra, i temi sono tutti molto caldi. Di Francesco non si nasconde, non l'ha mai fatto, le sue risposte sono dritte e chiare. «Dal punto di vista mentale la Roma fino a venti giorni fa era la squadra rivelazione, aveva fatto benissimo in Champions. Non possiamo essere quelli visti nelle ultime gare». Conosce bene il lavoro e le responsabilità che lo attendono, soprattutto in un ambiente dove dai giudizi positivi si passa, come adesso, a quelli esageratamente negativi «Questa squadra deve ritrovare un equilibrio, sono l'allenatore e devo trovare il bandolo della matassa per riportare la squadra ai livelli raggiunti in precedenza. Sono sicuro che ce la farò».
In un momento come questo, tutto viene messo in discussione: il modulo, i giocatori e le scelte, a cominciare da quella su Nainggolan «E' stato il primo a scusarsi e ad andare in tribuna con i dirigenti. Non c'è un nessun caso, è stata una scelta etico-morale per quanto era accaduto», e proseguendo mette la parola fine alla discussione «Nainggolan sarà titolare con l'Inter».
PENSANDO POSITIVO - Si vede che ha voglia di trasmettere voglia e convinzione. «Il desiderio di tutti è rimettersi in carreggiata per migliorare la posizione in classifica e portare avanti il discorso Champions». Come ad inizio stagione, tornano i dubbi sul 4-3-3 e il suo integralismo. Di Francesco, si sa, crede in questo modulo, ma non chiude affatto ai cambiamenti. «Il sistema vale molto meno dell'aspetto psicologico e parlarne è relativo. Il 4-3-3 è lo stesso modulo che ci ha dato soddisfazioni, denigrarlo adesso lo lascio fare alla gente o a voi. Tante volte si parla per parlare. Ho dimostrato di avere flessibilità, cambiando quando era necessario: valuterò se sarà opportuno, ma quando si allena un sistema bisogna dargli continuità e credere in ciò che si propone. Non posso pensare che la squadra abbia smarrito ciò che conosce o che non creda più in quello che fa». Inevitabile il discorso su Schick che sino a ora è stato visto più come un problema che come una risorsa. «Tutti ci aspettavamo che rendesse qualcosa in più, ha grandi potenzialità, non le ha ancora dimostrate, ci vuole tempo. Roma ha costruito e distrutto con grande facilità tanti calciatori. Lui è un giocatore in costruzione, diamogli tempo, va aspettato . Ricordo che Tommasi è dovuto uscire da Trigoria scortato dalla polizia ed è poi diventato l'idolo della curva».
SOLO GENTE MOTIVATA - Se qualcuno pensava a un Di Francesco in difficoltà o turbato dal momento, deve ricredersi. E' forse questa la vera garanzia della Roma che dopo la sosta affronterà tre gare decisive contro Inter e Sampdoria due volte. Non si scompone, quindi, quando parla di mercato e dell'incontro a Londra tra Pallotta e i dirigenti: «Non ho parlato con il presidente perché il mio riferimento societario è sempre stato Monchi. Ieri (martedì, ndi) ho parlato con lui e lo farò anche più tardi, è lui il mio referente su tutto. Non sta a me parlare di mercato, io faccio l'allenatore, do delle direttive tecniche loro si occuperanno delle possibilità e degli eventuali avvicendamenti anche dei calciatori che abbiamo». Per chiudere un messaggio diretto al gruppo che dovrà ripartire « Voglio giocatori motivati e vogliosi, fino a venti giorni fa lo erano, in poco tempo non può cambiare la testa delle persone. Comunque ora sta a me farli tornare quelli di prima. Non teniamo nessuno che non voglia stare alla Roma».