15/01/2018 14:36
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Un problema di senso, cultura, contesto, più che di traduzione. In una parola: frainteso. Come spesso gli è accaduto, Pallotta si è ritrovato improvvisamente in un mare di insulti dopo aver parlato della Roma a distanza. Ormai lo fa sempre di meno, ma è bastato un discorso sulla sicurezza all'Olimpico, dove sono stati installati gli scanner facciali su ordine della polizia per scatenare l'ennesimo putiferio fatto di scritte sui muri (altre ne sono apparse venerdì notte), striscioni, lettere e commenti avvelenati. Così, letta la rassegna stampa ieri mattina, il presidente ha deciso di chiarire il suo pensiero. «Sono molto dispiaciuto dal dover constatare - si legge in una nota pubblicata dal sito ufficiale della Roma - che le mie parole in un convegno a Londra siano state deliberatamente mal interpretate. A una domanda sulla sicurezza negli stadi ho risposto citando un incontro con il Capo della Polizia, richiesto ed ottenuto per chiedere un ripensamento sulla scelta di introdurre delle barriere divisorie sugli spalti».
Ecco, il paradosso è proprio questo: raccontando di quell'incontro di dicembre 2015 con Franco Gabrielli è finito per prendersi l'accusa di essere una «spia» dalla Curva stessa. «Quel provvedimento delle barriere - prosegue Pallotta - colpiva in modo generalizzato tutta la Curva Sud e non chi, effettivamente, si fosse reso protagonista di atti che violavano la legge». E poi: «In futuro sarà importante il supporto della tecnologia, per colpire solo gli eventuali responsabili di un reato e tutelare tutti gli altri tifosi». Concetto abbastanza chiaro e condivisibile, ma non compreso una volta trasferito qui. Pallotta ci tiene quindi a ricordare che i tifosi «mi hanno permesso di innamorarmi di questa squadra, grazie alla passione che li rende unici. Ecco perché ritengo assurdo leggere che avrei attaccato i nostri tifosi». La chiosa è chiarissima: «Chi non rispetta le leggi dovrebbe essere punito. Tutto qui». Problema risolto? Fino alla prossima incomprensione.