05/01/2018 16:46
IL SOLE 24 ORE (S. FILIPPETTI) - «Lo stadio Olimpico di Roma è molto bello, ma dalle curve per vedere la porta dal lato opposto ci vuole un buon binocolo» scriveva nel lontano 1987 Giulio Andreotti, allora ministro degli Esteri del Governo Craxi ai tempo del Pentapartito. Tifosissimo della Roma, l'uomo politico più potente del Dopoguerra fu uno dei più strenui sostenitori di un «nuovo stadio» per il club giallorosso. Da almeno 30 anni i romanisti sognano e sperano in uno stadio tutto loro, e soprattutto, a misura di calcio. Il sette volte premier, tra cui il governo del rapimento Moro, ed ex senatore avita non ha avuto la fortuna di poter vedere realizzato il suo sogno: i suoi tre figli, invece, potranno ammirare la futura casa della «Magica». E forse ringrazieranno Salini Impregilo, che indiscrezioni descrivono ben posizionata per aggiudicarsi il futuro appalto. II condizionale è d'obbligo perché di deciso non c'è nulla e il progetto è ancora in una fase molto embrionale. Ma il gruppo romano di Pietro Salini, ormai diventato un colosso mondiale dopo la scalata a Impregilo e dopo l'acquisizione dell'americana Lane, avrebbe messo nel mirino l'opera, ipoteticamente nella forma del general contractor, ci sarebbero peraltro già stati dei contatti informali con James Pallotta, l'imprenditore italo-americano patron della AS Roma.
Si tratta però di un approccio estremamente preliminare e puramente informativa. Il club dal canto suo fa sapere che il progetto si trova attualmente nella fase finale dell'iter approvativo. L'assegnazione dei lavori avverrà in un momento successivo e dunque non c'è ancora nessun nome ufficiale. In ogni caso Salini Impregilo ha aperto il dossier e in un'eventuale gara partirebbe in posizione privilegiata può già vantare esperienza con gli stadi, visto che ne sta già costruendo in Qatar per i Mondiali del 2022. Grazie al tramite di Pallotta, Salini Impregilo avrebbe già incontrato Hunt, società di costruzione americana specializzata in stadi e con 60 anni di storia, che fa oggi parte del colosso statunitense Aecom, multinazionale di ingegneria e progettazione con sede a Los Angeles. Per Salini, comunque, l'importo sarebbe tutt'altro che faraonico: si parla di un'opera da circa 400 milioni di euro, per un gruppo che ha un portafoglio ordini di quasi 30 miliardi e ne fattura 6. Ma avrebbe, ovviamente, un forte valore simbolico e "politico" per l'azienda e il patron.