30/01/2018 13:27
IL MESSAGGERO (A. MARANI) - La paura di imboscate ai calciatori sotto la Curva, i bomboni nascosti nei bar attorno all'Olimpico, i cori di contestazione alla dirigenza, infine i manifesti funebri che annunciano la morte del presidente James Pallotta affissi sui muri della città. E oggi l'attesa per un allenamento superblindato a Trigoria. La tensione tra tifoseria e società giallorossa dopo la sconfitta di domenica sera in casa contro la Sampdoria, la quinta in campionato, la cessione di Emerson al Chelsea e le voci su quella possibile di Dzeko, è all'apice. Tanto che la Questura ha disposto misure di sicurezza straordinarie già nel pre-partita aumentando le perquisizioni arrivando a ricordare in presa diretta agli undici di Eusebio Di Francesco, subito dopo il fischio finale, di non andare assolutamente a «prendere ordini» dai tifosi che li reclamavano ai piedi della Sud. «Basta saluti». Una scena già vista nel marzo 2015 al termine di Fiorentina-Roma quando su Totti, De Rossi, Pjanic e Morgan De Sanctis piovvero petardi, accendini, bottigliette e minacce. Episodio che allora si portò dietro una lunga scia di veleni e l'ombra di pesanti ricatti e che, se ripetuto domenica, avrebbe potuto innescare la miccia per disordini più gravi in un clima poco sereno. Le premesse c'erano tutte e di contestazioni si parlava da giorni. Prima del match sono stati distribuiti dollari con sopra la foto di Pallotta al posto di quella di George Washington, un gruppo di tifosi si è seduto sulle gradinate indossando la maglia vendesi per informazioni giocatori a scelta. Poi i cori di dissenso contro la gestione a stelle e strisce («un presidente perdente che fa la spia al prefetto, ma quando lo vincemo sto scudetto») e la dirigenza Baldissoni. Non è mancato nemmeno uno striscione nella Tevere in onore del mitraja, Alberto Ianni, il bodyguard ucciso a pistolettate a Casal Bruciato.
LA CRISI - La rottura era stata suggellata il 12 gennaio con un comunicato a firma Gruppo Roma che replicava alle dichiarazioni rilasciate da Pallotta in un convegno a Londra. Jim preannunciava l'adozione di telecamere ad alta definizione nel nuovo stadio per aiutare la polizia a identificare chi crea problemi. Pronta la risposta: «La forza della Roma è nei tifosi, sta distruggendo questo attaccamento». Il mal di pancia degli ultras è aumentato dalla tolleranza zero mostrata da digos e commissariato Prati (quello della molotov lanciata prima di Natale contro il furgone che porta gli agenti allo stadio, per intenderci) nel pre e post-barriere nei confronti dei tifosi che violano il cosiddetto regolamento d'uso dell'impianto, multando anche i lanciacori appollaiati sulle balaustre. Sono 87 i daspo emanati nel 2017, erano stati 177 del 2016 e 258 del 2015. «Saremmo andati sotto la Curva a prendere i fischi che ci meritavamo - aveva detto poi ai microfoni capitan Florenzi nel dopo partita con la Samp - ma una regola lo vieta». Le telecamere lo avevano inquadrato poco prima mentre fermava Radja Nainggolan che si stava incamminando verso la Sud. E sugli spalti quel suo gesto non è stato preso bene. Ieri il questore Guido Marino ha fatto sapere di avere disposto «a seguito delle tensioni acuite dall'andamento in campionato della Roma, il rafforzamento dei servizi di prevenzione e repressione all'Olimpico», come già fissato in una «ordinanza di servizio». L'apprensione è per Roma-Benevento, un passo falso con l'ultima in classifica costerebbe caro. «In questa linea, domenica, è stato chiesto alla società di sensibilizzare i calciatori a non cedere a inviti a recarsi sotto le curve». Stretta su striscioni e fumogeni: tre persone sono state sanzionate, mentre nei bar dello stadio sono stati aumentati i controlli alla ricerca di «artifizi pirotecnici».