01/03/2018 13:36
LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Nove mesi fa si era presentato a Trigoria rivendicando orgogliosamente: «Ascolto tutti ma decido io». Le difficoltà sue e della Roma però devono aver aperto una breccia nell’idea di Di Francesco. Oggi quel muro di certezze si è piegato in una scelta “democratica”: la condivisione. Con i suoi calciatori ha aperto un vero e proprio confronto, per decidere se continuare l’esperimento del 4-2-3-1 che ha dato gioie intermittenti o provare a riprendere stabilmente il discorso del 4-3-3 su cui si era lavorato in estate. Questo preferirebbe l’allenatore, convinto che l’antico sia il sistema migliore per affrontare il Napoli capolista e non solo. E però – dopo aver fatto il passo di modificare il sistema di gioco ascoltando alcuni mugugni dello spogliatoio – ha voluto avere la benedizione del gruppo prima di fare il passo del gambero. Ha chiesto ai calciatori se fossero disposti ad applicarsi per far funzionare il sistema di gioco come avevano fatto in autunno. Benedizione ricevuta: va bene mister, torniamo a fare il 4-3-3. A Napoli si ripartirà da lì e già da alcune ore sono in corso le prove di adeguamento al gioco di Sarri: De Rossi più vicino ai difensori per prevenire gli inserimenti dei centrocampisti, Esterni d’attacco più larghi, per dare sostegno ai terzini e non lasciarli a giocare due contro uno quando gli esterni di difesa avversari si sovrappongono. Se funzionerà lo dirà il campo, la vera domanda però è: cosa ha convinto Di Francesco a “dialogare” con la squadra? La volontà di coinvolgere un gruppo che a volte dà l’idea di dimenticare la lezione o magari dividere le responsabilità? Più la prima, se la società è convinta che la squadra, pur seguendo alla lettera in allenamento le indicazioni, troppo spesso in partita dimentichi lo spartito per affidarsi a individualismi che producono l’effetto di scollare i reparti e mettere in crisi l’organizzazione collettiva. Da chi chiede di essere servito in un modo soltanto per poter far gol a chi è convinto di poter risolvere con una giocata l’impasse. Anche così si è persa la Roma: da quando la proprietà americana ha rilevato il club – agosto 2011 – la squadra non era mai stata lontana 19 punti dalla prima alla 26a giornata. A gennaio Di Francesco ha preso una posizione contro la cessione di Dzeko e ha vinto. Ora ha altri guai: Nainggolan risente di un doppio intervento per ricostruire l’incisivo perso per una gomitata di Kessié. Pellegrini è in forte dubbio. E senza un risultato positivo a Napoli la zona Champions, oggi lontana un punto, rischierebbe di scivolare via consentendo a Sampdoria e Milan, lontane solo 6 punti, di avvicinarsi. Ieri notte il ds Monchi è tornato da Boston dove, oltre a parlare con Pallotta di un sistema di scouting innovativo ha analizzato la situazione sportiva. L’orientamento lo ha espresso Totti: «Di Francesco non si tocca», a giorni il capitano potrebbe ribadirlo in un colloquio con la squadra. Ma se la stagione non si concludesse con l’accesso alla Champions, oltre ai campioni che sarà necessario vendere, tra i nomi dei sacrificati comparirà pure quello dell’allenatore.