11/04/2018 15:53
LAROMA24.IT - Una serata capolavoro. Il giorno dopo si celebra l'impresa della Roma, che ha rimontato il 4-1 della gara d'andata e suclassato per gol (3-0) e prestazione i marziani in maglia blaugrana. E il Barcellona, lanciato verso il triplete, torna invece a casa con dubbi e rimpianti
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Sì, Roma, sei “Magica”. Quella qualificazione che sembrava impossibile si è materializzata come d’incanto,minuto dopo minuto, grazie a una prestazione al di là di ogni immaginazione. È stato tutto perfetto, dalle scelte di Di Francesco alle giocate di Dzeko, dall’ardore dei calciatori alla partecipazione del pubblico impazzito di gioia. Una notte come quella di ieri entra nella storia e di sicuro, con la stessa commozione, la racconteranno ai loro figli quei bambini inquadrati dalle telecamere con lacrime agli occhi.
Sì, Roma, sei “Magica”, hai ottenuto questo pazzesco 3-0 proprio nel giorno in cui ricorreva il 7-1 subito contro il Manchester. Non solo, hai fatto sì che chi come De Rossi e Manolas aveva provocato i sanguinosi autogol dell’andata, sia diventato il protagonista determinante del trionfo.Non è da tutti rispedire a casa Messi e tutto il suo Barcellona a testa bassa, la Roma ci è riuscita. Merito di tutti, indistintamente,perfino di quelli che erano in panchina come Peres, il cui piedone nella gara d’andata con lo Shakhtar vale come una tripletta. Il sogno è diventato realtà, il prestigioso palcoscenico delle semifinali di Champions è pronto a ospitare chi, nei 120 minuti, ha dimostrato di meritarlo e volerlo di più: sei tu, “Magica”Roma.
LA REPUBBLICA (M. CROSETTI)
Forse l’impossibile è solo una forma mentale. Forse è un limite che gli uomini si danno per combattere la paura. Forse, al Camp Nou la Roma non era stata così inferiore al Barcellona e il risultato, di conseguenza, “enganador”: nella sostanza, non nella forma (4-1) tuttavia non immutabile, perché nulla nel calcio lo è. Il calcio è liquido, poi però si solidifica all’improvviso. Infatti, 3-0 e arrivederci.
Così la Roma realizza la partita perfetta contro l’assai imperfetto Barcellona, imposta da subito la sua cadenza, colpisce a tempo e poi con relativa calma e assoluto controllo. Per capire cosa stesse accadendo era sufficiente osservare i volti, le espressioni dei catalani: più il tempo passava, più si capiva che avevano capito. Come se qualcosa di ineluttabile e profondamente giusto, non solo esatto ma giusto, si stesse realizzando in quel luogo di apparente casualità che è il calcio, un territorio che invece sa premiare, incoraggiare, confortare e assolvere.
L’impresa ha preso forma seguendo tutti i percorsi della logica, facendo scivolare il risultato dalla parte giusta, facendo cadere la pallina dal lato perfetto della rete: match point. In una novantina di minuti è andata in cenere l’analisi aulica di noi e loro, noi poveri italiani decaduti e loro, gli spagnoli ricchi e maestri di tecnica, tattica e finanza.
Fesserie, perché solo il campo racconta l’unica trama che valga la pena ascoltare e la scrivono le persone, non gli algoritmi. Un giovane allenatore, Eusebio Di Francesco, così intriso di romanità ha dunque regalato un ricordo indelebile, ficcato nella storia come il palo nell’occhio di Polifemo perché, ragazzi, qui si tratta proprio di epica. Una notte del genere vale qualche scudetto, lo ha ben spiegato Totti scrivendo sui social, a caldissimo, che il senso di essere romanisti è poter vivere emozioni così. Ed è stato interessante seguire lo sviluppo della grande partita proprio attraverso l’occhio e la bocca della rete, per accorgersi di come per una volta il tifo trasversale e nazionale, salvo qualche sacca di becerume, abbia messo da parte le piccinerie di campanile, e come dev’essere bello adesso essere giallorossi, quanta sana invidia: in tantissimi hanno vissuto questa notte alla romana, anche i milanisti, anche gli interisti, persino qualche juventino (e vanno segnalati i complimenti ufficiali e immediati, da Madrid, del club bianconero, un gesto di classe), i laziali no ma non esageriamo. Lo sport è anche rosicare: sempre di passione si tratta, di visceri che si mettono in movimento. Si tratta di vita, in sostanza.
GAZZETTA DELLO SPORT (L. GARLANDO)
CR7 chi? Questa sì che è una rovesciata da non dimenticare più. La Roma ribalta il Barcellona e irrompe trionfalmente in semifinale, alla faccia dei fatturati, delle cantere , del tiqui taca e dei 5 Palloni d’Oro di Messi... Siamo ancora vivi, ci sarà sicuramente un po’ d’Italia tra le migliori quattro d’Europa.
Certo, quello di eri non era il vero Barça, ma una copia così sbiadita e atleticamente pallida da fare quasi impressione in alcuni tratti. E’ davvero Messi quell’omino che cammina, che si schianta ripetutamente contro un muro giallorosso imperforabile, che sbaglia regolarmente l’alzo delle punizione, che non accende mai un’idea e si becca un’ammonizione per un calcione da dietro a Kolarov? E che tristezza vedere il maestro Iniesta in questo stato... Il Barça che ha insegnato al mondo a palleggiare, ieri non metteva in fila tre passaggi. Il Barça senza palleggio è come Roma senza il Colosseo: una paesaggio trasfigurato. Restano enormi i meriti della Roma che ha saputo essere squadra, nel cuore e nella testa. Nel cuore: l’esempio è De Rossi. All’andata un autogol e una resa totale. Ieri, gol, assist e una prova da gladiatore. Nella testa: l’esempio è Di Francesco. Dopo la sconfitta con la Fiorentina, sembrava diventato lo scemo del villaggio. E invece questo sapiente allenatore, persona onesta, che per mesi ha cercato di educare la Roma a nuove idee e a nuove regole, con equilibrio, in una piazza torrida, ha disegnato la partita perfetta al momento giusto.
CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
Non so quanto questa vittoria sarà di stimolo stasera per la Juve, ma è stata prima di tutto una grande partita della Roma. Era tanto tempo che non si vedeva una squadra italiana giocare con questa forza tecnica e questa continuità. Ci siamo chiesti in questi ultimi tempi tante volte come poter arginare il calco spagnolo. La Roma ha dimostrato che è semplice: basta correre per tutta la partita, marcare a uomo pressandolo nei suoi metri, giocare in profondità di prima, là dove i difensori sono abituati al tempo lungo, al non avere sorprese individuali. È quasi impossibile, mala Roma lo ha fatto, ha ridotto il Barcellona a una squadra meno che normale, che ha tirato una sola volta e da fuori area. Non credo c'entri molto il tipo di calcio, italiano o spagnolo è la stessa cosa.
Non so se la Roma abbia tracciato una linea anche perla Juve, sono comunque partite uniche. Però ha scosso dopo tanto tempo l'intero calcio italiano dalle fondamenta. C'è qualcosa di impossibile che è stato cancellato. Credo che la Roma sia più adatta della Juve al torneo breve, ne abbiamo parlato altre volte. La Juve è potente, meno agile. Forse anche meno portata a un calcio totale come questa eccezionale unicità della Roma, ma ha solisti che possono inventare di più. E comunque adesso almeno un sentiero, una speranza, è stata tracciata. Non siamo gli ultimi. E c'è ancora tempo per pensare di arrivare primi.
LA STAMPA (G. GARANZINI)
Una grande impresa, figlia di un capolavoro. Quella di aver trasformato l'Olimpico nel Camp Nou, perché era quello sino a ieri sera il teatro delle remuntade. L'atmosfera perfetta, la partita perfetta con la complicità - va detto - di un Barça che sembrava giusto il Paris Saint Germain di un anno fa. Catalani troppo sicuri di sé, ai confini dell'indolenza, e giallorossi caricati a palla e convinti da come era andata a Barcellona che non era detta l'ultima parola. C'è un precedente antico, il 3-0 di Roma-Dundee che 34 anni fa spalancò alla Roma di Liedholm l'amara, amarissima finale casalinga col Liverpool. Ma con tutto il rispetto per gli scozzesi di allora, questo era il Barça, o meglio credeva di esserlo e invece De Rossi e i suoi l'hanno sbattuto fuori.
Dico De Rossi facendo forse un torto a un collettivo semplicemente perfetto, a cominciare da Di Francesco. Ma il vecchio capitano ha giocato forse la miglior partita della carriera: così come straordinario è stato Dzeko, e poi Manolas e Fazio, e tutti gli altri. La Roma se l'è giocata esattamente come doveva, offensiva e coraggiosa ma anche saggia nel non concedere spazi. Il gol di Dzeko in avvio, ispirato da De Rossi e agevolato dalla ritardata copertura di Umtiti, ha cambiato in parte i rapporti di forza togliendo sicurezza al Barcellona soprattutto nella fase difensiva. La Ra ma pressava alto, e il Barça anziché nella metà campo altrui come nei suoi giorni migliori finiva per palleggiare ai confini della propria area, con i rischi che ne conseguivano. In almeno due-tre occasioni le punte giallorosse avrebbero potuto far meglio di testa, mentre sull'altro fronte Messi ha calciato male due punizioni dal limite. Ma già il solo fatto che i catalani per un tempo intero non abbiano letteralmente calpestato l'erba dell'area romanista dice quanto brava sia stata la Roma a circoscrivere gli avversari, ma anche quanto diverso da sé sia stato un Barcellona ai confini dell'irriconoscibile. Sia collettivamente che individualmente, a cominciare da un impalpabile Iniesta. Proprio su quell'avvio e quel primo tempo la Roma ha costruito il suo capolavoro. Completato prima dal rigore di De Rossi, per fallo su Dzeko, e poi dal colpo di testa di Manolas su cross perfetto del subentrato Under. Solo sullo 0-3, incredibilmente, il Barcellona ha ricominciato, anzi cominciato a giocare una partita che l'aveva visto sin II spettatore passivo. C'è andato vicino, ma non l'avrebbe meritato, anche per gli aiutini dell'andata. E il destino, in ogni caso, aveva ormai cambiato cavallo. E se lo cambiasse anche stasera al Bernabeu?
IL GIORNALE (T. DAMASCELLI)
Magica davvero. Strepitosa Roma, ribalta la cronaca e il risultato, rispedisce a casa il Barcellona presuntuoso, indisponente, molle. Un dato per tutti: il primo tiro in porta di Messi è arrivato al minuto 74, è la fotografia di una crema catalana bruciata dalle fiamme giallorosse. La Roma non ha sbagliato nulla, enormi De Rossi e, su tutti, Dzel