Iniziò tutto in quella finale «Pareva l’inferno di Dante»

27/04/2018 15:20

IL TEMPO - Pubblichiamo due stralci dei libri «Casual» di P. Thornton e «Armati per la partita» Hickey Hicmott. I racconti degli scontri tra le tifoserie in occasione della trasferta romana degli inglesi per la finale di Coppa dei Campioni, disputata allo stadio Olimpico il 30 maggio del 1984. Negli anni ’80 non si era ancora abituati a vedere tanta gente seguire la propria squadra nelle trasferte.

CASUAL - Si supponeva che ci andassimo a sistemare ad Ostia, una località balneare frequentata da ricchi e famosi di Roma, (...) ma siamo finiti in un posto chiamato Ladispoli. Ostia era solo a venti minuti da Roma ma Ladispoli rimaneva ad un'ora e mezza di pullman. Ci siamo arrivati il sabato prima della partita ed eravamo in tanti, gente di Haleywood, Kirby, alcuni Huyton Baddies. Quando siamo usciti a bere, in meno di venti minuti l'intera città è scesa in piazza contro di noi. Abbiamo pensato che si sarebbero incazzati se avessimo cantato "", così l'abbiamo iniziato a fare ma subito sono comparsi motorini da tutte le parti, sempre di più. Una trentina di noi hanno provato a tornare verso la piazza centrale ma sono stati attaccati da tutti i lati. Non penso che prima di allora da quelle parti avessero mai visto dei tifosi in trasferta, era come se fossero atterrati gli alieni. Quando siamo riusciti a tornare nella piazza ci siamo barricati in questo bar, una sola porta per entrare ed uscire. Fuori si è assembrata una grossa mob, non solo scooter boys, c'erano anche ragazze e preti. Un tipo che tutti chiamavano Angelo, un poliziotto in borghese identico a Pat O'Brian in Angels With Dirty Faces, è andato fuori per provare a calmare le cose. Sfortunatamente con noi avevamo degli idioti e, mentre lui stava facendo del suo meglio, sono usciti fuori a tirare testate alla gente. Alla fine Angelo ha dovuto estrarre la pistola ma ha pensato bene d'invitarci tutti a pranzo la domenica, organizzando poi anche un'amichevole di football con i locali, che abbiamo effettivamente disputato. In definitiva fra domenica e mercoledì c'è stato da divertirsi. Ma quando è arrivato il mercoledì, il giorno della finale, bene non mi sarei mai aspettato nulla del genere. Loro pensavano di aver già vintola Coppa dei Campioni, e difatti tutte le strade erano piene di gente che urlava «Campioni». Per quanto ne sapevano loro noi eravamo solo vittime sacrificali. Per tutta la partita non hanno fatto che tirarci bottigliette piene di piscio e appena abbiamo vinto ai rigori da quanto erano disgustati in tutto lo stadio hanno iniziato a bruciare le bandiere della Roma. Non ho mai visto nulla del genere; era come l'inferno di Dante. Il nostro pullman era parcheggiato nelle vicinanze della loro gradinata, all'altezza del ponte sul Tevere proprio dove sarebbero stati accoltellati tutti quei tifosi del Liverpool. Sapevamo cosa aspettarci; continuavi a sentire ripetere, «Quelli della Roma in Italia sono come Millwall o West Ham da noi». Prima della partita nessuno ci aveva fatto tanto caso ma quando c'è stato da avviarsi verso le uscite la realtà era ben difficile da scacciare... «Merda dobbiamo arrivare fino a quel ponte!». Appena fuori dai cancelli dello stadio ci è arrivato addosso di tutto: spranghe, razzi, mattoni, sassi. C'erano alcuni tifosi della Lazio che si erano presentati per combattere quelli della Roma al fianco di quelli Liverpool. Avevano nascosto delle armi nei cespugli intorno allo stadio e continuavano a ripetere: «Avanti Liverpool, seguiteci», mostrando a tuttil'arsenale dimunizioni che avevano accatastato. Poi abbiamo dovuto avventurarci in mezzo a quell'inferno. C'era da fare tutta la lunghezza dello stadio più un altro pezzo ancora prima di raggiungere il ponte: c'è voluta una vita. Caricavamo passando oltre la polizia che si riparava dietro i mezzi blindati mentre i tifosi della Roma gli ritiravano indietro i lacrimogeni. Siamo arrivati all'altezza del ponte e poliziotti in borghese italiani hanno trattenuto i tifosi del Liverpool perché quelli della Roma stavano facendo un disastro. Quando sono salito sul pullman un mattone mi ha colpito sul braccio dopo aver infranto un finestrino. Non era rotto ma faceva un male assurdo e ancora oggi mi dà qualche problemino ogni tanto. Salito a bordo non riconoscevo parecchi passeggeri, era pieno di tifosi normali del Liverpool tutti che supplicavano «Lasciateci restare qui» e noi che continuavamo a ripetergli «Questo è il nostro pullman scendete». Una follia. Alla fine ci sarebbero stati qualcosa come venti tifosi del Liverpool accoltellati ma anche altrettanti tifosi della Roma ricoverati in ospedale. Diversa gente era ferita ma tutti erano sollevati di avercela fatta a raggiungere il pullman. Alcuni lads dovevano tornarsene in centro ed a sentire quello che avrebbero raccontato si sarebbe trattato dei combattimenti più lunghi ed estenuanti ai quali avrebbero mai preso parte. Per tutta la notte i casini non sono sembrati fermarsi un attimo. (...) Sono sicuro che quanto accaduto a Roma fosse ancora ben impresso nella testa della gente dell'Heysel, ma non l'ho mai inquadrata come una vendetta.

 

ARMATI PER LA PARTITA - «Nel 1984 il Liverpool incontrò l'AS Roma nella finale della Coppa dei Campioni. l'incontro fu disputato allo stadio Olimpico, che era anche lo stadio dove giocava l'AS Roma. I tifosi del Liverpool che si rifiutarono di farsi trasportare sui bus mandriati da almeno 5.000 poliziotti furono sistematicamente attaccati e brutalizzati dagli assalti degli ultra Romani. Un tifoso del Liverpool, tanto scemo da avventurarsi nelle strade della Capitale da solo pensando di essere solo un simpatico turista, fu viscidamente e ripetutamente accoltellato rimanendo confinato tra la vita e la morte per parecchie settimane. Quando lo mollarono dalla degenza ospedaliera se ne tornò in Inghilterra ma non fu più la stessa persona».