08/04/2018 14:07
LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Dice Giovanni Pablo Simeone, protagonista della vittoria della Fiorentina con un gol che ha messo ancora ko la Roma all’Olimpico, che «questo è un gruppo unito, dove ognuno corre per l’altro. Con quello che è successo abbiamo voglia di stare tutti insieme anche dopo l’allenamento. E io ne sono molto orgoglioso». C’è sicuramente qualcosa di straordinario in questa storia della Fiorentina, che lotta e vince per il capitano che non c’è più. La tragedia di Davide Astori ha dato ai compagni una forza eccezionale, la Fiorentina gioca col fuoco dentro, vince, non si ferma più. Siamo ormai a sei vittorie consecutive (Chievo, Benevento, Torino, Crotone, Udinese, Roma), incassando un solo gol, dettaglio che parla di compattezza. I viola non facevano un filotto così dalla stagione 1963- 64, squadra mica male: Albertosi in porta, Lojacono, Maschio e Hamrin. È come se la tragedia avesse risvegliato un orgoglio antico. Pioli stesso asserisce che qualcosa è cambiato da quel 4 marzo: «Davide era il primo a credere in questa squadra, nel nuovo, nei giovani. Non abbiamo fatto una grande partita dal punto di vista tecnico, ma sentiamo questo impegno che abbiamo preso». La partita è stata molto lineare nella sua logica. La Roma era spremuta dalla partita di Barcellona, persa dignitosamente ma sempre con quattro gol subiti. Girato l’interruttore, la squadra si è spenta ed è tornata al venefico torpore che spesso l’assale e che rischia addirittura di compromettere il posto in Champions, se non riuscirà a fermare Inter e Lazio.
Di Francesco ha cambiato 5 giocatori rispetto al Camp Nou (Juan Jesus per Kolarov, Gonalons per De Rossi, Nainggolan per Pellegrini, Defrel per Florenzi, El Shaarawy per Perotti), ma il risultato non c’è stato. La Roma ha prodotto un gioco poco più che teorico. La Fiorentina al contrario è stata cinica, difensiva e contropiedista. Ha colpito freddamente le sbandate della Roma, prima con Benassi servito da un Saponara perfettamente libero sulla fascia di Peres e addirittura rincorso da Dzeko, e poi con Giovanni Simeone che, in assenza di Chiesa, sosteneva quasi tutta la responsabilità dell’attacco. Emblematico, visto dalla parte della Roma, il suo gol. Appena entra in area Manolas gli dà una spallata per sbilanciarlo, e Peres sull’altro fianco lo sostiene e lo rimette in carreggiata, permettendogli di far gol. L’inserimento di Schick non è valso molto più di una traversa e alla fine la Roma si è ritrovata a registrare la sesta sconfitta in casa: l’Olimpico è ormai un handicap. Di Francesco, che non l’ha presa benissimo, ha affermato nel più classico degli alibi che «non bisogna guardare solo al risultato ma alle tante occasioni prodotte». Già, ma alla fine si è comprensibilmente sfogato: «Sono incazzato, mi girano, ma come si fa eh?».