10/04/2018 13:14
Quest’anno tra Champions e nazionale non li abbiamo ancora battuti, dobbiamo provarci oggi e domani. Roma-Barça e Madrid-Juve si presentano come missioni impossibili, però se non riusciremo a fare miracoli abbiamo almeno il dovere di provare a prenderci qualche soddisfazione. Poi bisognerà lavorare in profondità per ripartire, perché l’eventuale euforia per uno o due ribaltoni oggi impensabili non dovrà distrarci (...). Il confronto tra Spagna e Italia è impietoso. Per qualità del campionato, livello delle nazionali, vittorie dei club, interesse generato, soldi incassati, campioni scritturati. Eravamo molto avanti, siamo molto indietro. Gli spagnoli quando vogliono disprezzarci calcisticamente ci danno dei «resultadistas», termine che curiosamente è iniziato a circolare nella nostra lingua solo in tempi molto recenti. E allora partiamo dai risultati: 6 sfide tra squadre italiane e spagnole in questa Champions, 4 vittorie loro e due 0-0, ultimo feticcio a difesa della nostra impotenza offensiva: 12 gol a 1 per loro. (...). Non si tratta solo di Messi e Ronaldo, di Xavi e Iniesta che arrivano tutti insieme. Attorno c’è molto di più. Vivendo in Spagna da italiani la prima cosa che salta all’occhio è l’attenzione per la palla, per il gioco, lo sport, lo spettacolo, la qualità. (...) In Spagna tutti (o quasi) vogliono giocare bene e provano a farlo. La cosa eleva il livello medio del prodotto, dei suoi protagonisti e genera successo. In giro per il mondo, e considerando solo le prime divisioni, ci sono oltre 300 calciatori spagnoli, dalla Premier League al Vietnam. (...) Hanno le seconde squadre nei campionati nazionali e non Primavera imbottite di stranieri, e nessun timore di puntare sui giovani. Le cantere funzionano e Real e Barcellona guidano la lista dei grandi produttori di talento: hanno 75 giocatori nei primi 5 campionati europei, con 5 squadre spagnole (e le milanesi) nel Top 10. Se non sei abbastanza bravo per il Bernabeu o il Camp Nou lo sarai in luoghi importanti dove c’è minore esigenza. In Liga va più gente allo stadio, gli impianti sono più pieni, i diritti tv, tanto a livello nazionale come internazionale, costano molto di più, i fatturati sono incredibilmente più alti, gli sponsor più generosi, l’attenzione globale molto maggiore. (...) La Serie A era l’Nba del calcio, loro fino al 2010 non avevano vinto un Mondiale. Ci guardavano con invidia e per attaccarci ci tacciavano di catenacciari: le posizioni si sono rovesciate, abbiamo il dovere di provare a ripartire.
(gasport)