28/04/2018 17:09
IL TEMPO (P. DE LEO) - Che palle. Sì, che palle. Il motivo è semplice. Anche attorno agli incidenti di Liverpool prima della partita dei Reds con la Roma, al pestaggio del tifoso locale Sean Cox per il quale sono finiti in galera due tifosi giallorossi, al fiato sospeso per l’incontro di ritorno, si è scatenato il bailamme di esternazioni politiche. Superfluo assai, pedante e inutile.
Ormai l’Italia è incrostata del commento purchessia. Tutto anima la brama di stare sul pezzo. E allora ecco che, dai fattacci di Liverpool, compulsiamo le dichiarazioni giorno dopo giorno di Stefano Pedica, esponente Pd già senatore. 25 Aprile: «La Uefa deve prendere seri provvedimenti e, se serve, deve far giocare il ritorno a porte chiuse». 26 Aprile: «La Uefa, come fece con il Liverpool, deve sospendere la Roma dalle competizioni europee e far giocare a porte chiuse la partita di mercoledì prossimo all’Olimpico». Ieri l’ha presa da un lato diverso: «Tre giorni di stop al consumo di alcool in centro e nella zona dello stadio Olimpico per Roma-Liverpool? Bisogna evitare anche i pub crawl, i giri dell’alcool nei vari locali». Attendiamo speranzosi l’omelia odierna. Nel frattempo abbiamo già masticato le pillole del Movimento 5 Stelle di Roma. Sì, in Campidoglio gli incidenti di Liverpool hanno dato il la per una mozione, approvata all’unanimità, dove si stigmatizza la violenza eccetera eccetera. Ed a margine ecco il Capogruppo pentastellato Paolo Ferrara far sapere che «lo sport è altro, come altro è lo spirito della tifoseria di Roma». Addirittura ieri è comparso sulla scena Luigi De Magistris, il Sindaco di Napoli. «È stata una pagina vergognosa e criminale», tuona dal Vesuvio. Pari rigore verbale da parte sua non ci sembra di averlo mai letto quando i centri sociali partenopei scendono in piazza e ribaltano la città. Ma pazienza, è così che funziona.
L’importante è starci, mescolando alla cronaca un po’ tutto: fede calcistica personale, rivalità campanilistiche, sassolini nelle scarpe. Tuttavia restiamo convinti che «un bel tacer, mai scritto fu», cioè non è mai stata lodata a dovere la capacità di tener la bocca chiusa. Lo sosteneva un poeta del ‘600. Improponibile oggi. Non è più tempo di poeti. E neanche di silenzio.