19/05/2018 14:11
LA REPUBBLICA (E. SISTI) - È morto a 88 anni il presidente “gentiluomo”, elegantissimo con quei nodi di cravatta che sembravano tramezzini e con quella sua erre moscia. Gaetano Anzalone è stato un pezzo di storia della Roma, quella degli anni Settanta. Una Roma in cerca di qualcosa che non sapeva neppure lei cosa. Rappresentava la “Rometta” sulla quale sbavavano un po’ tutti e che però tutti, alla fine, lasciavano languire nella mediocrità e sguazzare fra i sogni, troppo occupati dai loro intrighi di palazzo e troppo poco inclini a porsi il problema di Rocca e Peccenini. Generoso e vulnerabile, si caricò sulle spalle la complessa eredità di Alvaro Marchini, che nel suo breve regno provò a strizzare l’occhio tanto alla Dc quanto al Pci. Lui no. Lui aveva un colore solo. Preferiva riagganciarsi ad Evangelisti e cercare una sponda con Andreotti. Amava il calcio ma amava anche le corti, il bordocampo, la vita intorno. A suo modo un precursore delle vanità moderne. I suoi interessi sportivi rispettavano le leggi non scritte dell’epoca: possedevano uno sfondo politico. Alle spalle del suo mandato s’intravedeva il partito trasversale dei romanisti di Montecitorio e dei palazzinari entusiasti.