03/05/2018 13:57
IL TEMPO (P. ZAPPITELLI) - Il sogno della riscossa muore con l'ennesima beffa. Di una vittoria che non cancella, ma anzi è sale sulla ferita di chi 34 anni fa ha visto quelle stesse squadre – a colori invertiti perché quella partita la Roma la giocò in maglia bianca – affrontarsi per la finale di coppa campioni. Finì come tutti sanno tra polemiche (per il rigore non tirato da Falcao) e amarezza. Tanta amarezza. Perché nell'84 i tifosi della Roma ci credevano tanto. Molto di più di questa volta dove l'impresa era davvero ai limiti dell'impossibile. Eppure nel cuore di chi 34 anni fa era in questo stesso stadio, il sogno, coltivato in fondo al cuore dopo avere messo da parte razionalità e scaramanzia, aveva preso forma. Giorno dopo giorno, un pezzetto alla volta. Sensazioni diverse certo. Quella notte di maggio tutta la città giallorosa era già convinta di avere le mani sulla Coppa. Troppe circostanze favorevoli ma anche troppa, immotivata col senno di poi, euforia. La rimonta, ai limiti dell'impossibile anche quella, con il Dundee, con un risultato da cabala: 3 a 0. La possibilità, unica volta nella storia della Coppa Campioni e poi della Champions, di giocarsi la finale in casa, davanti al proprio pubblico. La consapevolezza di essere forti, di venire da uno scudetto vinto l'anno prima dopo una serie di campionati giocati a tu per tu con la Juventus. E poi il carisma di Nils Liedholm che era riuscito a riportare il tricolore in una città che di quel titolo era affamata. Gli ingredienti c'erano tutti per quella che doveva essere la festa più grande del popolo giallorosso. E forse tutto questo ci tradì. Ci tradirono i caroselli dei tifosi a piazza Venezia la sera prima della partita, ci tradirono le bandiere già stampate con la Coppa. Ma per chi era all’Olimpico quella sera pochi minuti di partita bastarono a capire che il Liverpool era una squadra vera, carogna e cinica quanto bastava per non mollare niente. Mentre invece la Roma in campo metteva tutta quell'ansia che la città giallorosse gli aveva caricato sulle spalle. Finì con una beffa, atroce, compreso il balletto di Grobelar davanti a Ciccio Graziani che regalò la palla del rigore direttamente ai tifosi seduti in curva Sud. Da quella notte di maggio dell'84 ai reduci di una finale che non potrà mai più essere uguale il Liverpool è rimasto nascosto in un angolo della memoria. Lì piantato in attesa di una riscossa. Che ci poteva essere ma che ancora una volta non è stata. Resta l'orgoglio di aver visto una partita giocata con il cuore, sicuramente più bella di quella di 34 anni fa. Ma finita ancora una volta in maniera bastarda. Allora la Roma si rialzò da quella batosta vincendo svariate finali di Coppa Italia. Oggi a chi ha il cuore giallorosso resta la speranza di restare a questi livelli. E magari di alzarlo prima o poi un trofeo. Quello che sia. Anche quella Coppa Italia che in tanti snobbano. Ma che è pur sempre un titolo. Nell'ennesimo anno in cui – al di là della gioia di essere arrivati in una semifinale in cui nessuno credeva di poter mai giungere – non portiamo a casa nulla.