14/06/2018 16:28
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Altro che vacanze romane. Dal tuffo di gioia nella fontana dopo la vittoria sul Barcellona all'incubo di aver buttato al vento sei anni di lavoro, il risveglio di Pallotta, casualmente nella Capitale da qualche giorno insieme alla moglie e a una coppia di amici, è stato uno dei peggiori di sempre da quando guida il club. E' saltato giù dal letto come tutti i romanisti, basito per le notizie dell'arresto di Parnasi e Co., i partner che ha scelto sin dall'inizio per costruire lo stadio. A un metro dal traguardo, con quasi 70 milioni già spesi per la sola progettazione, mille riunioni, accordi, infinita burocrazia, percorsi stravolti, con i cantieri che dovevano aprire ormai tra qualche mese, adesso rischia di ritrovarsi al punto iniziale. E, in quel caso, penserebbe seriamente di mettere in vendita la Roma, perché il business suo e del club passa per forza di cose dall'impianto di proprietà. Ovvero l'unico strumento in grado di proiettare al fianco della Juventus.
In una giornata sconvolta dalle cronache giudiziarie, un elemento positivo c'è: la Roma è totalmente estranea all'inchiesta. Nessun dirigente o dipendente del club giallorosso è indagato e lo stesso pm Paolo Ielo ci ha tenuto a sottolinearlo. Ecco perché, dopo un primo «no comment», Pallotta ha deciso di uscire dall'albergo dove alloggia in centro per rendere pubblico il suo pensiero. «Non sono preoccupato - dice il presidente - le notizie non riguardano la Roma e tutto ci, non avrà alcuna influenza sullo stadio. Tutto è stato trasparente. Se ho sentito Parnasi? Non credo ci sia il cellulare in carcere. Dal mio punto di vista la Roma non c'entra, costruiremo lo stadio. Tutti lo vogliono, facciamolo». E se invece fosse bloccato il progetto? «Vorrà dire che mi venite a trovare a Boston... ».
Battute a parte, Pallotta aggiunge che «non ho mai detto che venderò, la Roma se non si fa lo stadio. Solo in caso di ritardi, ma non vedo perché debbano esserci». Il dg Baldissoni, uomo al quale ha affidato il dossier stadio dopo aver silurato l'americano Pannes, lo ha raggiunto in hotel per studiare insieme le carte. E una volta tradotte dall'italiano all'inglese, il presidente ha deciso di emettere una nota ufficiale, anche a tutela della società quotata in Borsa (ieri titolo in calo dell'l%): «Siamo rattristati e costernati dalle notizie - spiega lo stesso Pallotta - e dagli arresti di questa mattina. Come categoricamente affermato dalla Procura, la Roma non c'entra nulla. Inoltre, contrariamente a quanto riportato da qualcuno, gli arresti non coinvolgono chi si occuperà della costruzione dello stadio della Roma e non hanno nulla a che vedere con la realizzazione dello stadio e del polo di intrattenimento circostante. Ora ci aspettiamo che il progetto venga portato avanti, senza significativi ritardi».
In quel «significativi» c'è la chiave delle sue intenzioni future. Pallotta ha capito di dover quantomeno rinviare lo stadio, ma è disposto ad aspettare ancora. Quanto? Almeno un anno in più del previsto sembra il minimo necessario. Resisterà? E i finanziatori di un'opera da un miliardo di euro, già scettici per i troppi ritardi, saranno ancora disponibili? L'avvocatura capitolina e i legali della Roma hanno già iniziato a valutare quale sia la via d'uscita migliore per «salvare» l'iter. Pallotta è entrato nell'ordine di idee di sostituire Eurnova con un nuovo soggetto (o con se stesso?) ma dovrà comunque aspettare la nomina del curatore giudiziario della società di Parnasi, che nel frattempo stava vendendo per 200 milioni terreno e progetto al fondo immobiliare Dea Capital. La Roma era stata messa al corrente della trattativa e vedeva di buon occhio l'operazione. La giornata di Pallotta s'è chiusa con una beffa finale: annullato il concerto di Bjork a Caracalla che doveva seguire. Da stamattina dovrà tornare a lavorare. Per arrivare chissà dove.