02/06/2018 16:01
MILANO FINANZA (A. MONTANARI) - Assso pigliatutto dalle spalle larghe o gigante dai piedi d'argilla? Chi o cosa Mediapro, gruppo spagnolo tra i big mondiali nella gestione dei diritti tv legati a eventi sportivi, che domina la scena in Spagna, ha tentato il blitz miliardario in Italia e ha fatto bingo in Francia, spezzando il dominio della Canal+ di Vincent Bolloré? Se si guarda all'escalation della società, fondata nel 1994 a Barcellona, confluita nel 2006 in Imagina Media Audiovisual (maggiore società di produzione audiovisiva del mercato iberico), e oggi nell'orbita della cinese Orient Hontai, pare che la sua sia una corsa infinita alla conquista di nuovi prodotti e mercati.
La società che ha chiuso il 2017 con un fatturato di 1,7 miliardi di euro e un ebitda di 189 milioni, da anni continua a piantare bandierine e conquistare territori a macchia di leopardo, come se stesse giocando a Risiko. Basti dire che, esclusivamente in ambito calcistico, produce direttamente e indirettamente le immagini di 13 campionati di calcio tra cui la Liga spagnola, la Ligue 1 francese e il torneo portoghese e ha una presenza che arriva anche nel continente africano e in Sud America. Le attività produttive di Mediapro non si fermano al calcio e ad altri sport, ma spaziano dalle news ai documentari, dalle fiction ai programmi d'intrattenimento, alle riviste. Senza trascurare i canali tv Gole Beln Sports.
In Italia, di fatto, è stata conosciuta solo pochi mesi fa quando il fondatore Jaime Roures ha portato la sua azienda a offrire, almeno sulla carta, la somma record per la Lega Serie A di 1,05 miliardi annui per i diritti del massimo campionato. Una scossa per un mercato abituato al duopolio Sky Italia-Mediaset Premium. Gli spagnoli, però, non hanno mantenuto l'impegno vero, ossia quello di depositare la fideiussione da 1,2 miliardi a sostegno del loro impegno triennale (3,15 miliardi). La rivoluzione promessa da Roures si è insomma fermata sul più bello. Perché la Confindustria del pallone, dopo lunghe discussioni tra i presidenti di A, ha trovato una sua linea comune: niente assegno miliardario possibile o probabile di Mediapro; meglio andare sull'usato sicuro e avviare la trattativa privata con i soliti nomi, ossia Sky, Premium e forse Tim. Anche se ora il vero destino dei diritti della serie A sembra la stessa pay tv di Rupert Murdoch (che può mettere sul piatto da 800 a 850 milioni) e del nuovo player digitale Perform (150 milioni) che sta per lanciare in Italia la piattaforma over-the-top Dam. In tale contesto, Mediapro vuole ancora giocare un ruolo, anche se ormai la sua avventura italiana sembra arrivata ai titoli di coda.
Lo strascico potrà essere solo in tribunale. Anche perché i piani di Roures, che voleva importare sul mercato italiano il modello iberico, ossia lanciare un canale ad hoc i cui servigi rivendere poi a broadcaster, operatori tic e Over-the-top, sono tramontati il Venerdì Santo, giorno dell'accordo lampo tra Sky e Premium, che era finita nel mirino di Mediapro. Per rilanciare la propria immagine in Europa, gli spagnoli allora hanno calato l'asso in Francia, mercato che fino a questo momento era il più piccolo, in termini di valori economici, e meno importante, dal punto di vista calcistico, dei primi cinque campionati su scala continentale. Il gruppo controllato da Orient Hontai ha siglato un contratto da 780 milioni l'anno per far lievitare l'incasso totale della Lfp transalpina a 1,15 miliardi. Un balzo, legato anche ai capitali garantiti dalla qatarina Beln (320 milioni) del 59%. Una enormità.
Ma tutti questi capitali ci sono nelle casse di Mediapro? Perché se è vero che il nuovo socio di maggioranza cinese (al 53%) è solido - oltre 25 miliardi di euro gli asset in portafoglio, e la market cap è poco inferiore a 11 miliardi - e ha avuto l'ok dalle rigide autorità di Pechino, è altrettanto vero che gli impegni di spesa del gruppo di Roures sono tanti. In Spagna lo scorso anno sono stati impegnati 1,1 miliardi su base triennale per i diritti della Champions e dell'Europa League. In Francia, complessivamente, l'investimento ammonta a 2,34 miliardi, mentre in Italia, anche se la partita è di fatto chiusa, la spesa era ed è, visto che gli spagnoli intendono proseguire la battaglia legale, superiore ai 3 miliardi. Stiamo parlando quindi di impegni per 6,6 miliardi. Senza dimenticare che a questa cifra monstre si andranno ad aggiungere i capitali da mettere sul piatto per garantirsi le immagini della Liga. Il tutto a fronte di un business che cresce di anno in anno ma che è legato a doppio filo alla capacità del management di Mediapro di andare poi a rivendere le immagini attraverso il canale ad hoc già lanciato in Spagna e annunciato in Francia.
Una strategia aggressiva che però presenta controindicazioni. Innanzitutto, come accaduto in Italia, la volontà di rivoluzionare l'offerta televisiva in un mercato comunque piccolo (6,5 milioni di abbonati totali), si è scontrata con la volontà di alcuni grandi club (Juventus, Roma e Napoli in primis) e con uno scenario che vede Sky consolidare la presenza proprio grazie all'accordo commerciale con Premium (a fine anno potrà comprare anche la newco) e una Tim che, a differenza di quanto avviene in Spagna (Telefonica con Moviestar) e Inghilterra (Bt) non ha capitali per lanciare l'offerta televisiva dedicata al calcio. In Francia, invece, appena vinto il bando per la Liguel, in tandem con il partner qatarino BeIn (onno la jv in Spagna), il leader di mercato Canal+ (4.95 milioni di abbonati rispetto ai 6,09 milioni del 2013) ha alzato le barricate, forte del peso che ha la capogruppo Vivendi. Quindi, come farà Roures, che guarda caso non va a sfidare il big Sky né in Uk né in Germania, a rendere redditizio il progetto transalpino provando a offrire un canale dedicato al calcio a 25 euro al mese (l'arpu di Sky Italia è di 44 euro) quando il bacino d'utenza è ancora più limitato di quello italiano (3,8 milioni di clienti) e dove la ricca BeIn Sports perde soldi da quando è presente in loco?