04/07/2018 16:25
IL MESSAGGERO (A. BASSI) - Luigi Di Maio esulta. Parla di una misura alla quale tiene moltissimo. Rintuzza le polemiche sulle coperture. Le casse dello Stato, dice, «erano drogate» dal gettito del gioco d'azzardo, «noi cambiamo paradigma, combattiamo il gioco illegale» e «aboliamo la pubblicità di quello legale». «Siamo il primo paese in Ue che fa una cosa del genere». A chi gli chiede se le norme resisteranno all'assalto del Parlamento, si volge verso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, e con un cenno d'intesa si dice tranquillo che le Camere, nella loro sovranità, non modificheranno l'impianto del testo. Sul divieto di pubblicità dei giochi la maggioranza, insomma, sembra viaggiare compatta. Dall'altro lato, quello delle società di scommesse ma, soprattutto, dal mondo del pallone, l'allarme ha raggiunto il livello rosso. Ieri la Lega di Serie A ha espresso «estrema preoccupazione». Il timore è che gli investimenti del settore vengano «dirottati all'estero». La Lazio, per esempio, ha visto saltare la trattativa per uno sponsor da 20 milioni in tre anni. Il presidente della Lega, Gaetano Micciché, si è detto «preoccupato per la tenuta occupazionale e lo sviluppo del calcio italiano e del suo indotto». L'industria del calcio, ha ricordato Micciché, «è tra le prime dieci in Italia e occupa, direttamente e indirettamente, circa 130 mila persone. Per tutelare questo settore di così grande rilievo economico e sociale», ha detto ancora il presidente della Lega, «è necessario individuare soluzioni che possano coniugare gli interessi delle varie parti in gioco ed evitare il ritorno al gioco d'azzardo illegale». Da qui la richiesta di un «tavolo di confronto e di lavoro indirizzato all'individuazione di soluzioni che impattino realmente sul contrasto alla dipendenza del gioco e preservino l'occupazione e l'indotto del calcio». La Lega ha ricordato che solo nella passata stagione dodici squadre su venti hanno avuto contratti di sponsorizzazione con le società di betting.
LE REAZIONI - Sul piede di guerra ci sono anche le società di scommesse. «Il nostro sistema non ha bisogno di divieti ma di riforme», ha tuonato Stefano Zapponini, presidente di Sistema Gioco Italia, la filiera dell'industria del gioco e dell'intrattenimento di Confindustria. «È illusorio poter risolvere il problema delle patologie in questo modo», ha sottolineato. «Quello che auspichiamo è l'apertura di un tavolo di confronto su un argomento che non può essere affrontato, come è stato fatto, con un decreto d'urgenza». Critiche alla decisione arrivano anche dall'estero. «L'Italia sbaglia a proibire la pubblicità e vedrà aumentare l'illegalità. Meglio regolamentarla in modo stringente», dice il consiglio dei vertici degli enti regolatori del gioco in Francia e Spagna, citati dall'agenzia Agimeg. Numerosi gli appelli al governo per aprire un tavolo di confronto, nel quale discutere su come regolamentare il settore del gioco e delle scommesse. È tornato a far sentire la sua voce anche Nikhlas Lindahl, managing director di LeoVegas, società svedese impegnata anche in Italia, che nei giorni scorsi aveva acquistato una pagina sui principali quotidiani italiani proprio per esprimere le sue critiche al decreto. Critiche alle quali lo stesso Di Maio aveva replicato con un post sui social. Ora il provvedimento è stato firmato, l'imprenditore ha voluto porre alcune domande al ministro: «Può dirci quanto spende effettivamente lo Stato e quante sono le persone in cura per ludopatia? Perché non dare precedenza ad altre dipendenze molto più impellenti, come sembrerebbero suggerire i dati Istat circa gli 8.265.000 di italiani con dipendenze da alcool? Può veramente affermare che, grazie a questo decreto, non ci sarà più pubblicità su giochi e scommesse nei prossimi anni, con contratti regolari? Può spiegarci concretamente come farà ad evitare le pubblicità di società straniere senza vincoli e senza licenze regolari?».