29/08/2018 12:59
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Sostengono i teorici, quelli bravi che scrivono libri e poi vanno a parlarne in tv, che il gioco del calcio è dinamico. E che, quindi, è sbagliato discutere di moduli. Di numeri. Conta l'interpretazione; conta come si sta in campo, non dove si sta in campo. Ok, va bene, ma conta anche (soprattutto) chi sta in campo. Ecco perché non bisogna mai prescindere da chi gioca per discutere di gioco. La sensazione che nella Roma, talvolta, qualcuno che meritava di andare in campo sia rimasto in panchina non è così campata in aria. Non tanto per un pallino dell'allenatore quanto per il rispetto del modulo. Ma i moduli si possono modificare. O adattare alle caratteristiche di chi non merita di restare a guardare. Sono dinamici, o no?
TENTATIVO OBBLIGATORIO - Sotto questo aspetto, sono mesi che - non solo nella Capitale - c'è un ampio movimento di opinione che vorrebbe vedere in campo Schick. Il ceco, che continua a vivacchiare ai margini della titolarità, appare più una risorsa in corso d'opera che un'opportunità su cui investire. E la faccenda non fa bene a lui e, probabilmente, non fa bene neppure alla Roma. Per dirla in termini più spicci, Schick non può continuare ad essere soltanto un'alternativa a Dzeko. Il fatto è che, in nome del Modulo, non si è mai cercato con continuità e convinzione di provare a farli coesistere. Patrik è un attaccante centrale, non un esterno: è evidente che, per vederlo al fianco di Edin, occorrerebbe disegnare una Roma dinamicamente portata a supportarli. Sulla carta, non appare così complicato, ma se ancora non si è provveduto a trasformare la teoria in pratica un motivo fondato deve per forza esserci. Ma Schick, che in questo periodo, appare uno dei più svegli del gruppo, meriterebbe una, due, tre occasioni, meriterebbe continuità per provare a dimostrare che nella Roma ci può stare.