03/09/2018 14:25
Dovevano essere dei top, finora si sono rivelati dei (mezzi) flop. Pastore, Nzonzi, Cristante, Olsen e Marcano, in ordine di importanza e quindi di aspettative, non stanno facilitando la vita a Di Francesco, che a sua volta con continui cambi di modulo e molta confusione tattica non li sta certamente aiutando. Quasi 100 milioni di investimenti - 96,7 tra costo dei cartellini, prestiti onerosi e bonus -, che non stanno dando i frutti sperati. La vicenda è ancora più preoccupante se si considera che, ad eccezione di Cristante, 23 anni, tutti gli altri non sono proprio ragazzini: 28 Olsen, 29 Pastore, 30 Nzonzi e 31 Marcano: non siamo di fronte, insomma, a delle scommesse dal futuro incerto. Al contrario, dovrebbero essere certezze. Il caso più preoccupante è quello di Javier Pastore, che fin dal giorno della presentazione ha tenuto a chiarire le cose: «Di Francesco mi ha detto che giocherò mezzala». Versione ribadita, successivamente dall’allenatore e dal d.s. Monchi. Alle prime difficoltà, però, il tecnico ha deciso di cambiare. A Milano è partito di nuovo trequartista, stavolta nel 3-4-1-2, prima di un nuovo ritorno al 4-2-3-1, ma non ha mai inciso sulla partita. È andata ancora peggio al campione del mondo Steven Nzonzi, che ha inciso sul risultato finale, ma per il pallone perso a tempo scaduto da cui è nato il gol vincente del Milan di Cutrone. È andato a smaltire la delusione in Nazionale, invece, Bryan Cristante. Entrato (bene) nel finale a Torino, è stato sostituito dopo 45 minuti insufficienti contro l’Atalanta e ha rimediato 22 minuti da trequartista contro il Milan. La «colpa» più grande di Robin Olsen, gol di Rigoni sul suo palo a parte, è di essere il successore di Alisson, cioè il miglior portiere al mondo. Che il brasiliano sia più forte è fuori di dubbio, però lo svedese dovrà scrollarsi di dosso il prima possibile questo fardello e la paura che inevitabilmente trasmette a tutto il reparto difensivo.
(corsera)