25/11/2018 14:11
IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Mentre Jim Pallotta da Boston non capisce ed è sempre più dubbioso sulle sorti della Roma, Eusebio Di Francesco da Udine è avvelenato. Ce l’ha con le soste, con la Champions, con gli attaccanti, con i difensori. Il messaggio è chiaro: così non si va da nessuna parte. Dice che là davanti si poteva fare meglio e dietro ci voleva più attenzione, «perché non si può prendere gol da un fallo laterale, concedendo all’Udinese di arrivare in porta con mezzo passaggio». Gli attaccanti, tutti, sembrano svuotati, incapaci di creare. Ma sullo sfondo si notano evidenti difficoltà di gioco e che alla prima difficoltà la squadra va in bambola, questo fa preoccupare casa Boston.
COSA NON E’ - La Roma non è una squadra affascinante, si appiattisce su se stessa, sulle sue debolezze. Non ha carattere, non ha appetito. La cappa della Champions si fa sentire, tutti la vogliono giocare e i big la devono giocare: e alla fine le scelte per Udine si sono rivelate quantomeno incaute. «Sono avvelenato, meno male che le soste sono finite per ora. La Champions incide, è vero», sbotta DiFra. Che non sa più da dove ricominciare. «E’ mancata la voglia di vincere la partita. Non abbiamo sfruttato al meglio le opportunità e siamo qui a leccarci le ferite. Stavamo facendo cose importanti ad eccezione degli ultimi metri». La Roma ha la palla, tira ma non prende mai il pupazzetto del lunapark. «Dovevamo avere maggiore cattiveria e determinazione, quella che hanno avuto loro, ma a me non piace giocare con otto difensori e due attaccanti, io vado avanti con i miei principi, che stavolta non hanno pagato. Il rigore? La colpa è solo nostra che non siamo riusciti a vincere». Il finale è accorato. «Una squadra è fatta da individui e dai loro errori individuali. Non siamo contenti dei punti che abbiamo. Noi non siamo ancora una grande squadra. Perché ho fatto riposare Dzeko? Perché è stanco, mi ha chiesto lui di fermarsi e poi dovevo approfittare del momento buono di Schick. Adesso mi dite che dovevo fare il contrario? Chiacchiere da bar».
INCRIMINATI - Tra le individualità che si sono perse tra i loro doveri c’è El Shaarawy. «Così non va, soprattutto per le occasioni create e non concretizzate. Ci è mancata la conclusione e la lucidità sotto porta, con un gol tutto sarebbe diventato più semplice. Il gioco c’è stato, così come l’impegno, dovevamo essere solo più cattivi sotto porta. La Roma con il Real? Rivedremo la squadra vista in Champions, convinti di ripartire», l’analisi pacata di Stephan da Udine, pure lui.