05/11/2018 14:45
IL TEMPO (E. MENGHI) - Non è che alla Roma non sia mai accaduto di ritrovarsi con 16 punti dopo 11 giornate di Serie A, nella sua storia le è capitato anche di peggio a dirla tutta, ma nell'era americana non era mai successo di restare in basso così a lungo e se la classifica tradisce tanto le aspettative di inizio stagione è perché lo stesso Pallotta era convinto di avere tra le mani una squadra forte, forse più dello scorso anno, e perché per questa società sarebbe un fallimento enorme restare senza Europa, anche in virtù della strategia economica avallata: costi alti per una rosa sempre più competitiva. Al momento il campo racconta una storia diversa e ci riporta al 2009-10, con Rosella Sensi presidente e la rottura con Spalletti a settembre, poi l'arrivo di Ranieri e l’incredibile risalita: a questo punto del campionato i giallorossi avevano 14 punti ed erano 14esimi in classifica, finirono a quota 80, secondi, ad un passo dallo scudetto conteso fino alla fine all’Inter. Un percorso che oggi sembra irripetibile, basti pensare che Juventus e Napoli hanno raccolto gli stessi punti della Roma solo in casa, dove invece la squadra di Di Francesco ne ha messi da parte 8. Se lo scorso anno l’Olimpico era il punto debole e in trasferta si andava fortissimo, in questo l’altalena di risultati prescinde dallo stadio di turno e tiene i giallorossi in un limbo infernale. Si tratta della peggior partenza per la proprietà a stelle e strisce, che ha toccato l’apice al primo anno di Garcia, quello delle 10 vittorie consecutive con 31 punti dopo 11 giornate, ma è passata anche dai 17 punti di Luis Enrique e Zeman. L’ultima volta da 16 in classifica è stata nel 2002-03 con Capello in panchina, a fine stagione la Roma era ottava, in Coppa Uefa per un soffio. Adesso si parla di 4° posto come obiettivo minimo, perché la Champions e diventata il pane quotidiano a Trigoria, è anche la competizione in cui stanno arrivando le maggiori soddisfazioni e mercoledì si cercherà una continuità in questo senso nella fredda Mosca, dove ci si gioca una bella fetta di qualificazione agli ottavi.
Nella capitale il clima non è dei migliori, giocatori, dirigenti e presidente sono stati contestati dai tifosi (saranno circa un migliaio in Russia) al rientro da Firenze e la società dopo la partita ha usato il pugno duro contro gli arbitri per provare a smuovere qualcosa, dato che non ha avuto nemmeno un rigore a favore, mentre sono 3 quelli fischiati contro tra qualche dubbio di troppo e la Var assente ingiustificata. La stanzetta da cui Orsato ha assistito alla sfida fornito di monitor e replay a volontà era proprio di fronte allo spogliatoio romanista, ma il fischietto di Schio - vero bersaglio della polemica di Monchi - ha evitato ogni confronto svicolando via prima che i giocatori tornassero dentro per le docce e ha chiamato in fretta il taxi per andare via dal Franchi (solo un caso?), mentre Banti ha scambiato due chiacchiere, come da routine, coi dirigenti a fine gara. Al di là delle giuste recriminazioni arbitrali e dell’ironia sui social (ieri l’account ufficiale del club ha twittato sul «fallo di guancia»), il club rimane convinto che il problema della squadra sia mentale
e c’è un dato che lo conferma: i giallorossi si sono ritrovati 5 volte in situazione di svantaggio e non sono mai riusciti a ribaltare il risultato e a vincere, al massimo hanno strappato il pari, in due occasioni. La Juve al contrario è andata 3 volte sotto e ha fatto 9 punti lo stesso: mentalità. La Roma non ha ancora acquisito questa sicurezza, si demoralizza quando le cose non girano nel verso giusto e non sa reagire. Fortuna e arbitri non aiutano, certo, ma il vero «nemico» è nella testa.