21/12/2018 15:28
LA REPUBBLICA (F. FERRAZZA) - Otto sconfitte in sette anni, venti gol presi e solo tre fatti, un digiuno che dura da oltre quattro anni: Daniele De Rossi ammette a Dazn — che trasmetterà domani sera Juventus-Roma — che lui e i suoi compagni sentono la pressione della sfida allo Stadium. Vero, visto il momento che stanno vivendo: «Siamo tutti sotto esame», garantisce il capitano. Ma è vero anche che la Roma è sotto pressione perché allo Stadium, in questi anni, ha sempre perso. De Rossi padre, con la sua Primavera, è stato l’unico romanista a violare il nuovo impianto torinese, per il resto, da Luis Enrique a Di Francesco, passando per Zeman, Garcia e Spalletti, gli allenatori sono sempre usciti da Torino con le ossa rotte. Spesso la Roma ha sofferto anche sui nervi — negli anni sono stati espulsi Castan, Lamela, De Rossi e Manolas — , ha recriminato, soprattutto nel 2014, per una partita che poteva finire almeno in parità, ed è rimasta incredula, un anno fa, quando Schick, solo davanti a Szczesny, si è divorato un gol che, senza se e senza ma, avrebbe cambiato la sua storia romanista. Se Dzeko non dovesse recuperare, ci riproverà domani sera, in una sfida in cui la Roma non avrà la solita cornice di tifosi al seguito perché molti del tifo organizzato resteranno nella Capitale per protesta contro il caro biglietti.
Chi allo Stadium ci sarà è Perotti, che in un’intervista in patria ha parlato benissimo di Burdisso, neo direttore sportivo del Boca, dove sogna di tornare, ma ha detto anche che vuole «rispettare il contratto con la Roma fino al 2021». Ünder, invece, al match program ufficiale del club, ha detto che la squadra aveva bisogno dei tre punti contro il Genoa e ora deve «ritrovare continuità» e farlo nello stadio da cui, finora, non ha mai preso punti, sarebbe un passo avanti importante per i giocatori e, soprattutto, Di Francesco. Il tecnico, come De Rossi e le ragazze della femminile, è stato tra i protagonisti dello spot di Natale della società, e la sua speranza è che il sorriso che aveva davanti alle telecamere possa essere lo stesso di domani sera. Speranza simile per De Rossi, costretto però dall’età, «e dall’infortunio più importante della mia carriera» a vedere cosa c’è «oltre il burrone: mi pesa guardare, perché la fine è vicina, soprattutto in questo momento di infortunio, ho assaporato cosa significa stare lontano dalla squadra. So che mi farà male quando smetterò definitivamente di fare questo lavoro. Che manchino sei mesi, un anno, o tre anni, comunque nell’arco di una carriera siamo agli sgoccioli». Vincere allo Stadium, prima di chiudere, è uno degli obiettivi a breve termine. Il resto si vedrà.