14/12/2018 16:18
LAROMA24.IT - E' colpa dell'allenatore. E' il tormentone di questi ultimi giorni per quanto riguarda la Roma, ma non solo. Dopo gli ultimi risultati (deludenti) ottenuti dalle italiane in Europa però i maggiori opinionisti dei quotidiani si interrogano sulle cause del 'decadimento' del nostro calcio. Vero, è il tecnico l'imputato designato a scontare le colpe in caso di mancanza di risultati, ma è altrettanto vero che in campo ci vanno i giocatori, spesso troppo deresponsabilizzati dalla classica formula 'è tutta colpa dell'allenatore'.
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola.
IL GIORNALE (R. SIGNORI)
Ci risiamo con il "dagli all'untore", leggi allenatore delle nostre squadre di Champions. Trovati i colpevoli delle patetiche figure (per l'Inter figuraccia) nell'ultimo giro di coppa, adesso guardiamo avanti: dove, non si sa. Ci eravamo lustrati gli occhi in questi gironi di Champions? Bene, ora siamo qui ad accusare gli allenatori. Già ma i giocatori? Con tanto di svarioni, indecenze, errori da asilo infantile, assenteismi non autorizzati. La Juve ha acquistato Cristiano Ronaldo perché si mangiasse gol come un Morata qualsiasi? L' Inter può permettersi così tanti professori in pennichella prolungata? La Roma non è un kinderheim e Napoli non è mai stata capitale dello spreco, come vorrebbero far credere i suoi attaccanti. E perchè, allora, non porsi l'unica domanda legittima: più colpevoli i tecnici o i giocatori? Vero che Spalletti fallisce troppi appuntamenti internazionali perché sia un caso e Di Francesco sta mostrando i limiti della gioventù professionale.
Ma quanti sono, sono stati e saranno gli errori determinanti, improbabili, commessi da giocatori di taglia internazionale che potrebbero esprimersi anche senza un allenatore che li tratti da bambini con biberon? Difficile pensare che i giocatori non siano determinanti, nel bene o nel male. Eppure il tifo non riesce a distogliere gli occhi dagli allenatori, dimenticando chi davvero va in campo. In questo giro si sono macchiati di colpe anche Allegri e Ancelotti, ma se gli attaccanti sbagliano i tiri e i difensori fanno cilecca negli interventi, siamo sicuri che esista un allenatore capace di evitare queste scempiaggini calcistiche. La ricetta è una sola: un allenatore è grande (e bravo) se ha grandi giocatori, grandi sempre. E non viceversa.
TUTTOSPORT (S. SABATINI)
Non molte estati fa, Marotta prometteva un giorno sì e l'altro pure l'arrivo di un top player. I tifosi non chiedevano altro. È innegabile che abbiano ricevuto risposte soddisfacenti, malgrado qualche pittoresco bomber senza apparenti meriti sportivi, tipo Bendtner. Ieri alla presentazione, da oggi al lavoro, il nuovo ad dell'Inter sta assaporando un'accoglienza gonfia d'entusiasmo. Gente in festa dietro letransenne in sede, popolo del selfie che agita il telefonino, e così via. Una volta ci volevano i top player, per entusiasmare. Oggi bastano i top manager? II punto interrogativo accompagna strategie e decisioni. La prima: quella sull'allenatore, si presume. Da sette partite (e una sola vittoria) a questa parte, Spalletti è nel mirino dei tifosi. Anche senza appoggiare il tribunale dei social, specializzato in sentenze senza appello, viene naturale immaginare che il percorso dell'allenatore avrà l'inesorabile bivio dei risultati. Ma oltre ai conti di vittorie e sconfitte, ci sono i conteggi su contratto e benefit. Spalletti ha un ingaggio fino al 2021. Non un'anomalia, in verità, perché Gattuso al Milan e Ancelotti al Napoli lavorano nell'identica confort zone dello stipendio garantito così a lungo. Troppo a lungo? Ecco un altro punto interrogativo. Legittimo. Meglio evitare citazioni discutibili o provvedimenti politici tipo "jobs act" e "decreto dignità", però il mondo del lavoro lancia segnali che anche il calcio farà propri. Per come incide sui bilanci, un accordo triennale è eccessivo, se non vincolato ai risultati. E non esiste il paragone con i contratti pluriennali dei calciatori perché loro, almeno quelgiovani,in campo possono migliorare e aumentare valore. In panchina, no: è spietato dirlo, ma un tecnico si deteriora con molta più rapidità agli occhi di tifoseria e squadra, che poi influenzano l'opinione dirigenziale. Se l'Inter tornerà a vincere, sarà tutto facile per l'ad. Se invece avrà problemi, occhio agli stipendi di vecchio e nuovo allenatore: diventeranno più pesanti di un top player. Quindi, un'anomalia non solo sportiva. E Marotta non potrà dare la colpa ai governi precedenti, come si usa (e si abusa) in politica. Per un motivo semplicissimo: il "governo precedente" nerazzurro è lo stesso che ha ingaggiato lui. Non solo nel calcio, il mondo del lavoro è ritmato da una generale rapidità che fa diventare fin troppo vintage sia Ferguson (Manchester Utd dal 1986 al 2013) sia Wenger (Arsenal dal 1996 al 2018). Spalletti non si offenda, né i suoi colleghi dal triennio garantito: il contratto di due anni diventerà un limite quasi inesorabileanche per i Top Mister, categoria cui Spalletti appartiene per bravura e stipendio. Ma non per i risultati, quest'anno.
LA GAZZETTA DELLO SPORT (A. SCHIANCHI)
[..] Possibile che l'Italia del calcio sia ridotta così? Possibile che i nostri club non riescano a elevarsi dalla mediocrità e, nell'attimo decisivo, non siano in grado di piazzare il colpo vincente? Anche la Lazio, che pure era già qualificata, perde in casa contro l'Eintracht Francoforte e non è un indizio positivo per il cammino che l'attende in Europa League. Il fatto è che, quando ci misuriamo fuori dal giardino di casa nostra, incontriamo mille problemi e non siamo capaci di affrontarli a muso duro e superarli. E' vero che ci restano la Juve e la Roma a rappresentarci in Champions League e i bianconeri, per la rosa altamente competitiva a disposizione di Allegri, suggeriscono ottimismo. Ed è altrettanto vero che il Napoli e l'Inter, eliminate dalla Champions, possono rientrare dalla finestra e l'Europa League, a questo punto, per entrambi non deve essere un torneo di ripiego, ma l'obiettivo principale della stagione. Resta, tuttavia, un profondo senso di amarezza, di delusione, persino di rabbia, pensando a come la Milano del calcio si è sfarinata come neve fresca.
IL ROMANISTA (P. TORRI)
Il pianista Di Francesco è rimasto solo. [..] La situazione è peggiorata, la squadra manda segnali inquietanti, di scollamento da se stessa, dal tecnico, da uno spogliatoio piuttosto problematico. Il risultato è che il pianista continua a suonare senza più avere un pubblico. [..] Monchi, non più tardi di un paio di giorni fa, ha ribadito pubblicamente la totale fiducia nei confronti dell'allenatore. [..] Gli hanno ribadito la fiducia, ma anche Di Francesco sa che un flop con il Genoa potrebbe essere la sua ultima volta sulla panchina giallorossa. [..]