13/12/2018 12:54
IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Il fondo è stato toccato. A Plzen. Il risultato in Repubblica Ceca non conta, la figuraccia però resta: la Roma, 3° ko nel gruppo G, riesce a chiudere la fase a gironi inchinandosi pure al Vitkoria. Che, con il successo di prestigio (2-1), se ne va fiera in Europa League, nonostante il Cska Mosca vinca a Madrid contro i campioni d'Europa (club russo ultimo: inutili i 6 punti presi con il Real). Di Francesco, se la proprietà Usa non deciderà di esonerarlo oggi, deve battere domenica sera il Genoa all'Olimpico per tenersi il posto. Rispetto ad Ancelotti e a Spalletti, lui è agli ottavi di Champions (2° anno consecutivo). Ma la promozione non basta a Pallotta. E si sa dal 23 settembre, sconfitta di Bologna.
GESTIONE FINE A SE STESSA - A cadere a Plzen è la Roma di Monchi: 10 acquisti del ds in campo dall'inizio, escluso capitan Manolas. La sconfitta arriva nella ripresa, ma già nel 1° tempo i giallorossi vanno al minimo. Non per colpa del turnover necessario, con vista sul campionato, nè della formazione ancora diversa, la ventunesima in 21 partite stagionali. Questione di ritmo. Fiacco e monotono. Gli interpreti camminano in campo. Scadenti nell'impegno. E attenti solo a non farsi male. Si preservano, senza stare a pensare alla qualità della prestazione. Che è sciatta. Numeri inquietanti all'intervallo: 63 per cento di possesso palla, un corner battuto e un tiro in porta. Il palleggio, così lento e di conseguenza scontato, non fa parte del gioco chiesto da Di Francesco. Il Viktoria, passando dal 4-2-3-1 al 4-4-2 quando si arretra, non corre alcun pericolo. L'unica conclusione nello specchio è di Pastore: da fuori e centrale. Tiretto a salve, bloccato da Hruska. In piedi, come se il gioco fosse stato fermato. Ribadita e certificata l'involuzione di squadra. Piatta e impotente. Il successo manca da un mese.
SENZA FINALIZZATORE - Il mal di gol non è della Roma che comunque riesce a far centro quasi in ogni match. Problema individuale. Di chi gioca ultimamente in attacco. Senza Dzeko ed El Shaarawy, Di Francesco è costretto a puntare su chi non meriterebbe nemmeno la convocazione. L'unico ad aver il coraggio di calciare in porta è Under. Questione di personalità e di intraprendenza. E di spessore. Di questi tempi fa gol solo lui del tridente. Suo il momentaneo pari nella ripresa, per replicare alla rete di Kovarik. Gli altri deludono e di chance ne hanno avute anche troppe. Kluivert, sull'altra corsia, va come sempre a strappi. Ma è solo fumo. Ogni giocata sa di bruciato. Tossico per il reparto. Peggiora di partita in partita anche Schick, al 6° match di fila da titolare. Presidia l'area e fa sentire la sua presenza. Ma da stopper e non da centravanti. Difende e non attacca. Meglio darlo in prestito. Senza perdersi in ulteriori riflessioni. Pastore si riaffaccia nel rombo offensivo: da vecchia gloria.
FRAGILITÀ CONFERMATA - Non è che la difesa si comporti meglio dell'attacco. Fuori casa, in Champions, la Roma prende gol da 31 gare. Sono passati quasi 12 anni dal successo di Lione (0-2), ultima volta senza subire reti. Recentemente la linea a 4 non è nemmeno protetta: stanchi i mediani Cristante e Nzonzi che non possono riposare. Appena finiscono il fiato, anche i compagni escono di scena. Flessione di gruppo. E' successo pure a Plzen, dopo il calo di Cagliari. Nelle ultime 9 partite, sempre incassato almeno 1 gol. Santon si addormenta e il Viktoria festeggia con Kovarik e poi con Chory. Marcano fa l'en plein: 4 presenze da titolare e 4 ko. Lo stesso Mirante debutta in Champions proprio come in campionato (da giallorosso) a Udine: perdendo. Rosso vergogna per Luca pellegrini. I ricambi non sono affidabili. Ancora non c'è però la certezza che siano peggio di quelli di un anno fa. Anche perché a gennaio non dovrebbe tornare certo Jonathan Silva (ovviamente convalescente).