La Roma instabile. Tre gare per cambiare, anche Monchi rischia

21/12/2018 16:12

LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Giusto due anni fa, lo Stadium segnava la fine dei sogni scudetto. Stavolta all’incrocio con la Juventus la Roma non arriva da antagonista, ma arrendendosi a un sentimento quasi inedito a Trigoria: l’autocritica. Che qualcosa da quelle parti non funzioni granché ultimamente è evidente: mentre il club conquista il mondo dei social e ha iniziato ad attrarre sponsorizzazioni, la sua vita sportiva - ossia il core business dell’azienda - affonda nell’instabilità. Ieri la società ha incassato la sconfitta politica in Lega, dove aveva caldeggiato la candidatura ad amministratore delegato di Matteo Mammì, ex direttore produzione di Sky Sport e grande sconfitto nel voto di ieri.

Mentre la squadra sfiora il naufragio tecnico finito all’ordine del giorno del summit di Boston. Dove si è deciso che le prossime tre partite, Juventus, Sassuolo e Parma, decideranno se da gennaio ci sarà ancora Eusebio Di Francesco in panchina. Dopo il 29, una nuova riunione valuterà se i risultati saranno stati sufficienti a continuare insieme, complice la sosta di 21 giorni (coppa Italia esclusa): una vittoria soltanto non basterà a salvarlo, anche se nessuno si augura di sostituirlo. Anche perché l’unica alternativa è Paulo Sousa. Erano stati valutati profili diversi per provenienza geografica (Lopetegui, Blanc), curriculum (Capello, Lippi), lingua (Montella, Donadoni). Ma il portoghese ex Fiorentina è oggi l’unico nome rimasto, nonostante le referenze viola - società vicina alla Roma nelle posizioni di politica sportiva - non fossero rassicuranti: firmerebbe per 6 mesi, con rinnovo in caso di qualificazione Champions.

Il richiamo all’ordine di Pallotta, però, lascia intendere che non un solo “colpevole” ha individuato la dirigenza: «Se qualcuno non si impegnerà a essere parte di questo sforzo collettivo, allora qui non ci sarà più posto per lui». Sotto osservazione anche alcuni giocatori. Non una caccia alle streghe, ma la percezione che forse non tutti hanno sempre remato con convinzione nella stessa direzione, concetto già filtrato dopo il ko di Plzen. Magari pure per questo De Rossi ha deciso di esporsi in favore dei giovani, quasi a creare una campana intorno ai vari Zaniolo, Ünder, Kluivert «e Schick, che è proprio forte ma risente del momento della squadra». Proprio De Rossi oggi preoccupa: a Torino potrebbe al massimo comparire, colpa di quel guaio al ginocchio - alla cartilagine, ha rivelato - che forse per la prima volta lo fa pensare all’addio a fine stagione, quando scadrà un contratto che tutti a Trigoria rinnoverebbero ora.
Gennaio è imminente e chi non avrà convinto potrebbe partire subito. Niente rivoluzioni però, lo dimostra il fatto che la Roma aveva votato contro la proroga del mercato fino al 31 gennaio. Insomma: non riteneva di avere bisogno di un mese per operare. Pallotta avallerà un acquisto: un centrocampista in prestito. Ma se a fine stagione non arriverà il 4° posto, tutti dovranno rendere conto e tutti saranno a rischio: persino il ds Monchi.