16/01/2019 15:34
LA REPUBBLICA (D. DEL PORTO) - Una «guerriglia urbana» esplosa a due passi dalla stazione Centrale, nel giorno dell'Epifania. «Violenze realizzate in pieno centro cittadino, in orario di punta, alla presenza di molteplici passanti, anche bambini, possibili bersagli involontari degli scontri», scrive il giudice Linda Comella nell'ordinanza che manda in carcere 5 dei circa 160 ultras violenti del Napoli protagonisti il 6 gennaio di un anno fa, all'angolo fra via Galileo Ferraris e corso Arnaldo Lucci, di un vero e proprio «corpo a corpo con la polizia» che stava scortando i tifosi del Verona diretti allo stadio San Paolo per la gara tra gli scaligeri e gli azzurri. Il bilancio degli scontri fu di tre agenti feriti, un automezzo delle forze dell'ordine danneggiato, cassonetti della spazzatura incendiati, autobus bloccati. In cella sono finiti Carmine Cacciapuoti, Tommaso Fiorillo, Gennaro Iescone, Diego Infante e Fabio Vegliante, tutti indicati come appartenenti ai gruppi Secco vive, Ultras 72 e Area Nord, sigle storiche della Curva B.
Cacciapuoti e Infante erano agli arresti domiciliari dalla fine di ottobre nell'ambito delle indagini su un altro episodio di violenza ultrà, l'assalto a una comitiva di tifosi della Roma intercettati a Capodichino lo scorso aprile mentre rientravano da una trasferta di Champions a Barcellona. Gli indagati sono in tutto dieci, durante le perquisizioni sono stati sequestrati un manganello, un passamontagna e un tirapugni.
«I nuovi violenti della Curva». L'inchiesta, condotta dalla Digos diretta da Francesco Licheri e coordinata dai pm Danilo De Simone e Stefano Capuano con il procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, ricostruisce anche i nuovi equilibri delle frange più estreme della tifoseria partenopea. Il tifo nato negli anni '70, alimentato da «mera passione calcistica» e caratterizzato da «toni folcloristici», non esiste più, scrivono i magistrati. Adesso, si legge nell'ordinanza, si sono «stratificati, nell'ambito degli originari gruppi, frange accomunate dalla stessa provenienza geografica, oltre che da vere e proprie ideologie». La conseguenza è stata di «inevitabili scissioni in sottogruppi, poi divenuti autonomi e indipendenti, espressione dei diversi quartieri». Nella ricostruzione della Digos, le «forme di aggregazione spontanea» degli anni '80 hanno lasciato il posto a una «nuova generazione di ultras organizzati» al cui interno si annidano fazioni di tifoseria «caratterizzate da una spiccata violenza» sia contro le opposte tifoserie, sia contro altri gruppi.
«Usa i coltelli». Non a caso, in un'Intercettazione fra due indagati non arrestati si parla di «usare i coltelli per rompere la curva». E nei dialoghi captati nel filone investigativo sull'assalto al van di tifosi romanisti, Infante manifesta «furia» anche nei confronti di componenti del suo stesso gruppo, forse per ragioni «inerenti il tifo esternato allo stadio con i cori», ipotizzano gli investigatori. «Qualcuno in mezzo a noi si fa male seriamente - dice - gli faccio prendere 15-16 punti addosso, non ho niente da vedere, non ho niente da perdere, non ho figli, non ho famiglia».
«L'escalation di violenze». Era sempre Infante a progettare un'altra aggressione ai danni di romanisti, anche alla stazione di Afragola: «Tornano un'altra volta qua», affermava in quella che il giudice definisce come «una escalation di violenze» del contesto nel quale erano inseriti gli indagati. E sempre Infante ad affermare: «Non hanno capito ancora questi con chi stanno avendo a che fare. Io sclero, non sto bene con la testa. Tutti i giorni li vado a prendere».
Con il Daspo in Germania. L'inchiesta conferma che anche soggetti colpiti dal Daspo, il divieto di partecipazione a manifestazioni sportive, riescono tranquillamente ad entrare negli stadi, addirittura in trasferta all'estero, come nel caso di uno degli indagati, Edoardo Moxedano (per il quale l'ordinanza è stata rigettata) che a febbraio 2018, pur essendo ancora sottoposto a Daspo, era tranquillamente a Lipsia a vedere la partita di Europa League.
L'attacco su due fronti. Il 6 gennaio, i poliziotti si ritrovarono al centro di un «attacco simultaneo da due diversi fronti». Prima entrarono in azione 150 teppisti, che, dopo essersi «compattati», presero di mira gli agenti «prima a distanza, con fumogeni e petardi, poi con uno scontro fisico diretto», si legge nell'ordinanza. Nello stesso momento, un altro gruppo composto da una quindicina di persone, di cui secondo l'accusa facevano parte anche i cinque arrestati, aggredì i poliziotti alle spalle. Gli scontri, rilevano i magistrati, rappresentarono «un grave pericolo per la pubblica incolumità», tenuto conto della giornata festiva, del traffico intenso e della presenza di passanti inermi.