24/03/2019 13:20
LA REPUBBLICA (L. D’ALBERGO – M. E. VINCENZI) - Marcello De Vito si faceva vedere spesso in sala delle Bandiere. Durante le riunioni della giunta Raggi era lì con gli assessori. Una presenza assicurata se il passaggio era particolarmente delicato o comunque d’interesse. Il gip lo scrive nell’ordinanza che ha portato in cella l’ormai ex presidente del Consiglio comunale con l’accusa di corruzione: il numero uno dell’aula Giulio Cesare avrebbe tentato di condizionare «con la propria influenza le decisioni dell’organo esecutivo comunale». Sulle grandi partite dell’urbanistica, come si legge nelle intercettazioni della procura. Ma anche sulle partecipate: De Vito c’era anche l’8 febbraio, nel giorno in cui la giunta ha bocciato il bilancio di Ama e Pinuccia Montanari ha rimesso le deleghe da assessora all’Ambiente. «Me lo ricordo bene, Marcello era lì», spiega ora un assessore. «Margherita Gatta (la titolare dei Lavori pubblici, ndr) aveva delle perplessità. Lui le si è avvicinato, ha fatto un cenno con la testa. Le ha detto di non mettersi di traverso. Da quel momento in poi i dubbi sono scomparsi». Il resto è cronaca: il rendiconto 2017 della municipalizzata va ancora approvato, la giunta è rimasta zoppa, il cda è stato azzerato. È il braccio di ferro sui conti di Ama è finito a sua volta nel mirino della procura. La ferita deve ancora rimarginarsi e a suturarla ora potrebbe essere Pieremilio Sammarco, avvocato e dominus della sindaca in pole per la poltrona da presidente dell’azienda.
Questa, però, è un’altra storia. Quella di De Vito, il mister preferenze in cella a Regina Coeli, continua invece a fare vittime. L’ultima è l’amministratore delegato di Acea, Stefano Donnarumma. Il manager è indagato per corruzione, i pm gli contestano un finanziamento da 50 mila euro, in due tranche da 25 mila, per la sponsorizzazione da parte della partecipata del Comune del concerto di Natale (sia quello 2017, che quello 2018) all’auditorium della Conciliazione, a pochi passi da San Pietro. Un finanziamento dietro al quale, secondo i carabinieri, potrebbe esserci di nuovo De Vito. Acea ribadisce la sua fiducia nei magistrati e l’assoluta estraneità dell’ad e precisa che quelle sponsorizzazioni venivano solo vistate da Donnarumma, ma che a deciderle era «l’ufficio di presidenza». Traduzione: a firmare sarebbe stato Luca Lanzalone, l’ex braccio destro della sindaca Virginia Raggi già ai domiciliari per la prima inchiesta sullo Stadio della Roma. Sul rimpallo deciderà piazzale Clodio. Mentre in Campidoglio si fanno ancora sentire gli strascichi del doppio colpo: via De Vito, indagato e sospeso (a tempo) pure l’assessore allo Sport Daniele Frongia. Tra i consiglieri c’è chi agita lo spettro del rimpasto di giunta, salvo poi accorgersi che già manca un assessore all’Ambiente. E per ora, su questo sono tutti d’accordo, riecheggia lo slogan sparato da Teresa Zotta, presidente della commissione Scuola, nella riunione post manette: «Non andremo dal notaio». Si va avanti, con il Movimento nazionale in apprensione per le europee. Il capo politico, Luigi Di Maio, ha mandato giù il boccone dell’inchiesta. Amaro, ma ancora digeribile. Ora, però, non sono ammessi altri smottamenti.