27/03/2019 13:26
LA REPUBBLICA (E. CURRO') - Ci sono partite che valgono soprattutto per gli almanacchi, termine vetusto che nell’era digitale si traduce con web. ItaliaLiechtenstein verrà ricordata essenzialmente dalla statistica. Il 6-0 finale la trasforma infatti nella vittoria più larga degli azzurri dal 1962, quando il diciannovenne prodigio si chiamava Rivera, antenato di Kean. Tra i marcatori, oltre al millennial che ha colpito anche una traversa dopo una sterzata da velocista funambolo, spicca il trentaseienne Quagliarella, il più anziano della storia della Nazionale. I rigoristi Bonucci e Jorginho lo hanno autorizzato a trasformare i due rigori per fallo di mano che, in poco più di 12’, hanno scritto il 4-0 del primo tempo.
Il risultato racchiude dunque un aspetto emozionale, assai gradito al costume patrio. Quagliarella non era titolare da quasi 9 anni, il suo ultimo gol risaliva al settembre 2010 con le Far Oer e la scena più commovente della sua carriera azzurra era l’uscita dal campo tra le lacrime a Ellis Park, il giorno dell’eliminazione contro la Slovacchia dal Mondiale sudafricano, d sastro che lui tentò invano di evitare col formidabile pallonetto del 2-3. La doppietta di ieri suona un po’ come risarcimento in extremis a un attaccante che ha giocato con tante generazioni di colleghi: con Toni e Gilardino, Del Piero e Inzaghi, Iaquinta e Di Natale, Pepito Rossi e Cassano, Balotelli e adesso Kean, al quale ha offerto l’assist di testa per il tocco volante del secondo gol azzurro in 4 giorni. Il capitano della Samp, che debuttò in azzurro nel 2007 e prima della chiamata di Mancini aveva giocato l’ultima volta nel 2010 con la Romania la sera di Klagenfurt e degli striscioni razzisti contro Balotelli, è di nuovo qui, mentre il deluso Mario posta enigmatico su Instagram: «Magari un giorno ci sarà bisogno di me, ma io potrei essermi anche stancato di essere denigrato e quin- di potrei rifiutarmi di andare».
L’intemerata dell’assente introduce il tema tecnico più rilevante della goleada di ieri: ha inaugurato il casting per l’Europeo, in conte poranea col 2-2 tra Bosnia e Grecia. Sparite dalla formazione di partenza quasi tutte le tracce dello spareggio di San Siro con la Svezia (Bonucci e Jorginho i reduci), ognuno ha cercato di farsi notare dal ct. Ci è riuscito soprattutto Spinazzola, macchina da fughe e cross: già sul primo, finta e controfinta, ha offerto l’1-0 di testa a Sensi, che è alto 1,68, ma ha giganteggiato a centrocampo. Tra i malcapitati semidilettanti avversari si è divertito a slalomeggiare
Verratti, che ha segnato appunto un po’ alla Tomba il 2-0 e ha causato con un destro dal limite il fatale fallo di mano da rigore di Hasler. L’ulteriore mani da rigore di Kaufmann e la conseguente espulsione hanno trasformato la ripresa in una sequenza di mischie, nella passerella per altri azzurri – l’intraprendente Romagnoli, Politano e il suddetto Kean – e nel lab ratorio tattico di Mancini. Sono andati bene gli esperimenti di Zaniolo incursore, di Sensi regista e di ben tre debuttanti: il difensore Gianluca Mancini dall’inizio senza tremori, nel finale Pavoletti e Izzo, col premio del gol cocciuto del centravanti (colpo di testa ribattuto e pallone spinto in porta). L’Italia, come voleva il ct, non ha perso il filo del gioco. Se lo ritroverà intatto a giugno, contro Grecia e Bosnia, potrà dirsi uscita dal labirinto del Mondiale mancato.