11/03/2019 14:58
IL TEMPO (E. MENGHI) - Che soffi forte il vento da Sud. E in campo i giocatori siano pronti a morire per loro, i tifosi, e per quell’ultimo obiettivo rimasto: la Champions. A partire da stasera, all’esordio-bis in panchina all’Olimpico contro l'Empoli, Ranieri ha bisogno di uomini che lottino per la maglia e di un pubblico (finora solo 6 mila biglietti venduti, 30 mila con gli abbonati) disposto a sostenere, nonostante tutto, la squadra, responsabilizzata
al massimo dall’esonero di Di Francesco. Il successore per ripartire si aggrappa a chi, come lui, ha la fede giallorossa nel cuore e all’improvviso a Trigoria sembra di essere tornati indietro nel tempo, ad una società romanocentrica che ora però stona col contesto internazionale a mano a mano costruito da Pallotta. Questo ritorno al passato è un'eccezione dettata dagli eventi, un momento di passaggio necessario per dare
una scossa e cercare di conquistare il pass per l'Europa delle grandi, da consegnare poi in mani altrettanto esperte a giugno, senza badare al sentimento romanista. Ognuno preme sui tasti che conosce meglio e sembra che Ranieri sia già riuscito a caricare calciatori e ambiente: «Da solo non ce la faccio a portare la Roma in Champions, chiedo aiuto ai tifosi. Il traguardo è molto vicino, le prossime due partite saranno fondamentali e sarà importantissimo il pubblico. I giocatori devono saper reagire e per farlo devono sentirsi amati: è brutto giocare in casa con la paura. Ai tifosi chiedo un lasciapassare: stateci vicino, abbiamo bisogno di voi». Sarebbe però riduttivo cercare la forza dagli spalti, per far girare il vento serve qualcos'altro: «Voglio vedere - insiste Ranieri alla prima conferenza stampa - gente che ara il campo, che sprizzi determinazione, questo vogliono i tifosi. Accettiamo anche l’errore, ma prima vogliamo vedere una squadra che muore sul campo. Sono uomini, non bambini di 4 anni. Non devono esserci più scuse. Guadagnano certe cifre perché lo meritano e devono dimostrarlo. Chi ha problemi li tenesse a casa». Il vicecapitano, per esempio, deve asciugarsi le lacrime del Do Dragao: «Florenzi è un giocatore universale,
l'importante è che si riprenda, da romano capisco il suo momento, ogni errore gli pesa più che a chiunque altro. Deve tirar fuori la romanità giusta: petto in fuori, c'è sempre un'altra partita da giocare. Mi aspetto molto da lui». E il 100% da tutti: «Voglio giocatori che non si arrendono. Mando in campo chi si impegna. Ha pagato Eusebio, io facevo il tifo per lui, ora
devono rispondere i calciatori sul campo. Zaniolo da centrale è nel suo ruolo, ma se ne ho 3 come lui devo vedere chi può giocare aperto: scioglierò questo dubbio parlando con i miei giocatori». Suonando la campanella come in Inghilterra? No, di più: «Qui ci vorrebbe la campana di San Pietro...», scherza Ranieri, concentrato sull’oggi: «Futuro? Non vado oltre la panchina contro l'Empoli. A queste condizioni non avrei mai firmato con un altro club, l'ho fatto per la Roma. Non sono tornato per i soldi, ma per la maglia, punto». Da tifoso, per i tifosi.