01/04/2019 16:39
LAROMA24.IT - E' una Roma a pezzi quella uscita dall'Olimpico dopo aver preso quattro gol dal Napoli e, sulle colonne dei principali quotidiani nazionali, sembra ormai ufficiale l'addio dei giallorossi alla prossima Champions League. "La Roma, collezionando figuracce, ha praticamente dichiarato mestamente la sua resa. Ranieri non è riuscito minimamente a normalizzare o aggiustare una squadra che da tempo è allo sbando, totalmente incapace di reagire a qualsiasi stimolo" scrive Massimo Caputi su Il Messaggero. Dello stesso avviso anche Maurizio Crosetti su La Repubblica: "La Roma ha problemi tecnici e psicologici, è una squadra perduta, implosa, e Ranieri stava quasi meglio laggiù in fondo alla Premier. Persino Totti parla di maggiore coinvolgimento personale: ecco, potrebbero dargli una maglia, di sicuro non farebbe peggio di questi omini del subbuteo".
Andrea Di Caro, dalle colonne de La Gazzetta dello Sport, parla di atteggiamento autodistruttivo della squadra: "I giallorossi stanno continuando il suo percorso netto di autodistruzione. Una Roma involuta, molle, senza idee, ferocia, tempi di gioco, inserimenti, rapidità e capacità di reagire si è consegnata al Napoli e a un’altra umiliazione stagionale. L’antibiotico Ranieri e la mozione degli affetti non hanno curato una squadra malata, che, anzi, è pure peggiorata. Alla mancanza di personalità e a una preparazione atletica mai brillante palesata con Di Francesco, si è aggiunto un ulteriore spaesamento tattico in campo". Piero Torri invece, sulle pagine de Il Romanista, cerca di tracciare la strada per uscire dalla palude di mediocrità in cui è piombata la Roma dall'inizio della stagione: "C'è bisogno di un grande allenatore, si faccia anche l'impossibile per portarlo a Trigoria, convincendolo non solo con i soldi ma con la prospettiva di un progetto che sappia lusingare le ambizioni di un numero uno. C'è bisogno di una rifondazione della squadra e per farlo, quindi, di investimenti, se serve anche di una nuova ricapitalizzazione, oltre che dell'azzeramento di quasi tutte le scelte monciane che hanno fatto tanto in uscita, quasi niente in entrata. Fatelo. Perché lo stadio arriverà, ma nell'attesa c'è bisogno che ci ridiate la Roma. Non ci sono più appelli."
Ecco i commenti di alcuni degli opinionisti più importanti della stampa, pubblicati sulle colonne dei quotidiani oggi in edicola
IL MESSAGGERO (M. CAPUTI)
Nella lotta per i posti Champions, e di conseguenza per quelli in Europa League, tutto è in discussione. Lo dice la classifica e lo impone il precario equilibrio tecnico/psicologico di alcune titolate protagoniste. Anche se Atalanta e Sampdoria ripropongono con slancio la loro candidatura,Milano e Roma rimangono le piazze con le interpreti più credibili. A rappresentare la Capitale, però, è rimasta solo la Lazio: la Roma, collezionando figuracce, ha praticamente dichiarato mestamente la sua resa. Ranieri non è riuscito minimamente a normalizzare o aggiustare una squadra che da tempo è allo sbando, totalmente incapace di reagire a qualsiasi stimolo. Anzi, se possibile, nelle ultime due gare è addirittura peggiorata. La Roma di quest’anno non è mai stata una “squadra”, ma solo un concentrato di errori, presunzione e superficialità.Con un’avversaria in meno, Inter,Milan e Lazio se la giocheranno fino in fondo e la squadra di Inzaghi, splendida protagonista ieri sera a Milano, sta meglio di tutte. Le due milanesi vivono sul filo: le ultime sconfitte e i problemi interni legati a Icardi e alle frizioni Gattuso-Leonardo,potrebbero ulteriormente indebolirle e rivelarsi letali. Uno stimolo in più per la Lazio che, a differenza delle concorrenti, è unita, compatta, forte di un gioco che esalta le qualità dei suoi calciatori. I biancocelesti, che hanno una partita in meno, stanno bene mentalmente e fisicamente,a 9 giornate dal termine devono sfruttare la grande occasione e sferrare l’assalto decisivo.
CORRIERE DELLA SERA (M. SCONCERTI)
Nel momento del populismo, il popolo che ha inventato i social non si fa più domande, gli basta sia comprato un giocatore. Rientra nei termini anche Pallotta. La sua Roma è stata la migliore e forse la più sfortunata dell’era moderna, tante volte seconda, tante volte terza da aver fatto pensare che finire di vincere era appena un dovere. Ma il calcio ha fatto per tutti un salto di qualità, non basta avere comandanti ricchissimi, qualcuno dovrà comunque rimetterci. Uno vince, 5 perdono. In un mondo di ricchi e di debiti la domanda torna a essere quella di 30 anni fa, siamo all’opposto della Silicon Valley, che sembra l’unica modernità: quanto costa per un presidente l’amore? Il consenso? In sostanza, se vuoi vincere, il calcio è un lusso o un’ opportunità?.
LA REPUBBLICA (M. CROSETTI)
Se i portieri dovrebbero tornare a pensare con le mani, compreso il povero Olsen che non ne azzecca una, i presidenti dovrebbero pensare a costruire squadre, non stadi. Quello della Roma è un signore americano che manca da undici mesi, ma in compenso twitta. Scrive, Pallotta, di avere chiaro il quadro delle responsabilità e invita a “tirar fuori le palle”, unendosi a un’insopportabile maleducazione formale, dunque sostanziale (le parole sono importanti) con la tipica retorica della grinta in luogo della qualità. La Roma non ha problemi testicolari ma tecnici e psicologici, è una squadra perduta, implosa, e Ranieri stava quasi meglio laggiù in fondo alla Premier. Persino Totti parla di maggiore coinvolgimento personale: ecco, potrebbero dargli una maglia, di sicuro non farebbe peggio di questi omini del subbuteo.
LA GAZZETTA DELLO SPORT (A. DI CARO)
E' biancoceleste la squadra romana da cui devono guardarsi. L'altra, la giallorossa, infatti sta continuando il suo percorso netto di autodistruzione. Una Roma involuta, molle, senza idee, ferocia, tempi di gioco, inserimenti, rapidità e capacità di reagire si è consegnata al Napoli e a un’altra umiliazione stagionale. L’antibiotico Ranieri e la mozione degli affetti non hanno curato una squadra malata, che, anzi, è pure peggiorata. Alla mancanza di personalità e a una preparazione atletica mai brillante palesata con Di Francesco, si è aggiunto un ulteriore spaesamento tattico in campo. Squadra sempre in inferiorità numerica sia in attacco (fiacco) sia in difesa (di burro). Con Ranieri solo una soffertissima vittoria con l’Empoli in casa e due deprimenti sconfitte con Spal e Napoli. Se ieri non c'è stato un punteggio tennistico è solo perché gli avversari non hanno infierito. Tre punti nelle ultime quattro gare. Con questi ritmi continuare a parlare di Champions diventa esercizio di pura teoria. Anche perché la Roma, settima, oggi rischia anche di mancare l'Europa League. Pallotta dopo aver ricordato gli errori di Monchi e Di Francesco ha puntato il dito contro i giocatori («tirate fuori le palle») che se fosse detto in spogliatoio invece che da Boston forse avrebbe più forza. Di certo a fine anno sarà costretto a rifare la squadra e ristabilire i ruoli dirigenziali, chiarendo se Totti resta un semplice ambasciatore nel mondo o se è pronto ad avere una responsabilità più ampia. Lui pare volerla, i tifosi lo sperano, anche se una cosa è fare magie in campo grazie ai doni di madre natura, un’altra il dirigente a tempo pieno in un mondo di squali spesso più difficili da dribblare dei difensori che attentavano alle sue caviglie.
IL TEMPO (T. CARMELLINI)
Di fatto anche dopo la partenza di Di Francesco, che per molti era la causa di tutti i mali, non è cambiato nulla. Così ieri è arrivato, inevitabile e per certi versi più che annunciato, l’ennesimo ko. Il Napoli all’Olimpico passeggia sui resti di una Roma ormai allo sbando senza nè gioco nè idee che grazie alla sconfitta di ieri saluta il sogno Champions. Impossibile restare in corsa perla massima competizione europea per una squadra che, risultato a parte (perché chiaramente non era la partita di ieri quella nella quale bisognava far punti a tuti i costi), manca in gioco ma soprattutto in personalità. Ci si aspettavaun riscatto, o almeno un segnale dopol'imbarazzante ko di Ferrara contro la Spal e i quindici giorni di pausa imposti dagli impegni delle nazionali, sembravano manna dal cielo per Ranieri alle prese con un gruppo da rimodellare per provare ad arrivare in fondo. E invece niente, nemmeno il calore
dell'Olimpico è riuscito nel miracolo di resuscitare questa Roma ormai più di la che di qua. Partita senza storia: apre Milik dopo nemmeno due minuti trasformando in gioiello la gemma grezza offerta da Verdi tra Manolas e Fazio: stop da funambolo e botta secca che piega Olsen ancora una volta impresentabile. Non tanto su questo gol imparabile, ma su quello del 2-1 (dopo il momentaneo pareggio dal dischetto di Perotti che aveva illuso i tifosi romanisti), c'è bello grosso impresso il suo nome. Paperone colossale che sdraia definitivamente la Roma e spalanca la strada agli uomini di Ancelotti che non si fermano. Finisce 4-1, risultato giusto per una partita senza storia. E dopodomani arriva nella Capitale la Fiorentina che, vista l’andata, rischia di dare il colpo di grazia al moribondo gruppo giallorosso che viaggia al settimo posto in classifica scavalcato anche dall'Atalanta. Pallotta dall'America sbotta, se la prende con i giocatori, promette rivoluzioni, ma forse qualche domanda se la dovrebbe iniziare a fare anche lui: perché il pesce puzza sempre dalla testa. E in vista della prossima stagione deve iniziare a pensare come riuscire a fare il salto di qualità con una squadra che rischia di dover essere letteralmente rifondata. Altro che stadio, qui se «zio Jimmy» non si sbriga a trovare una soluzione tecnica credibile, rischia di ritrovarsi solo con un mucchio di macerie.
CORRIERE DELLO SPORT (I. ZAZZARONI)
La Roma, occasionalmente fuori dalla zona coppe, resta invece intrappolata in un presente che non lascia aspirare il futuro: oggi è una squadra sfibrata da cambiamenti e svuotamenti, irritabile; è un presidente che dagli Stati Uniti tira schiaffi e giacchette ma si fa macare quando serve; ed è quattro dirigenti seduti in tribuna che non si guardano mai: Guido Fienga, preso da mille impegni, che non è precisamente un uomo di calcio; Mauro Baldissoni, promosso vicepresidente e responsabile di un progetto che per quantità e qualità degli ostacoli e lentezze fa concorrenza al ponte sullo Stretto; Totti l'icona, al quale dopo il ritorno di Monchi a Siviglia è stata concessa l'esposizione televisiva oltre alla condivisione di scelte non proprio sue; e Frederic Massara, il vicedirettore sportivo, troppo inesperto - pensano - per poter sali re subito di grado. Pallotta, dicevo, è lontano, so far; in America, e il suo consigliori a Londra, o forse a Città del Capo, certamente al telefono. Il più vicino alla squadra è Ranieri che tuttavia confessa di non riuscire ad aiutarla poiché non corre e non si capisce se ce l'abbia con i preparatori della gestione Di Francesco o con le caratteristiche di chi allena Altra realtà, il Napoli. All'Olimpico il Napoli è piazzato a pochi metri dal quartetto ma a chilometri di distanza per organizzazione e progettualità: il grande capo è autorevole, autoritario e talvolta inquisitivo, moltiplica scontri e antipatie ma è presente e molto ascoltato dalla truppa. Ancelotti e Giuntoli sono il completamento di una struttura asciutta e verticistica con idee e ambizioni chiarissime. Inutile giudicare tecnicamente l'1-4 di Roma-Napoli: ci sono fasi della stagione in cui può risultare stucchevole la ripetizione di cose già dette e stridette per mesi. la Roma non è ancora fuori dalla corsa alla zona Champions, questo segnala la classifica, ma deve cominciare a ripensarsi partendo dall'alto, uscendo da una situazione approssimativa: non pub bastare un nuovo direttore sportivo per impostare il futuro e vincere la diffidenza di una tifoseria scazzatissima alla quale è venuto a mancare il sogno.
IL ROMANISTA (P. TORRI)
C'è bisogno di un grande allenatore, si faccia anche l'impossibile per portarlo a Trigoria, convincendolo non solo con i soldi ma con la prospettiva di un progetto che sappia lusingare le ambizioni di un numero uno. C'è bisogno di una rifondazione della squadra e per farlo, quindi, di investimenti, se serve anche di una nuova ricapitalizzazione, oltre che dell'azzeramento di quasi tutte le scelte monciane che hanno fatto tanto in uscita, quasi niente in entrata. Fatelo. Perché lo stadio arriverà, ma nell'attesa c'è bisogno che ci ridiate la Roma. Non ci sono più appelli.
LEGGO (M. ZORZO)
Ranieri e Spalletti: accomunati dall'insostenibile leggerezza dell'essere. Sor Claudio è tornato, ma la Roma è in caduta libera, che più libera di così non si può. Umiliata all'Olimpico dal Napoli di Ancelotti che passeggia sulle macerie giallorosse. Ha voglia l'infuriato presidente Pallotta di chiedere ai giocatori di tirare fuori ghli attibuti. Nel frattempo l'Olimpico fischia forte sui giallorossi in versione Rometta. Se la ride Simone Inzaghi, che piazza il colpaccio a San Siro e manda ko l'Inter che sembrava risorta nel derby prima della sosta. E con una partita da recuperare in casa con l'Udinese, la Champions torna un obiettivo concreto.
Milano piange. Dopo la caduta sabato sera a Marassi con la Samp del Milan (regalone di Donnarumma), ecco quella dell'Inter. E dobbiamo dire che Spalletti se l'è cercata. Ha trattatato Icardi come aveva fatto con Totti a Roma. Non l'ha convocato senza avere un attaccante di ruolo, visto il forfait di Lautaro Martinez. Keita è una seconda punta e non può reggere il peso della prima linea. Maurito (imbronciato) in tribuna con Wanda Nara. L'ex capitano ha vinto la sua personale sfida con il tecnico. Ma la situazione è paradossale. Boh...