20/04/2019 14:16
IL MESSAGGERO (S. CARINA -G. LENGUA) - Il futuro di Antonio Conte deve essere ancora scritto. Al di là di dove allenerà, una cosa è certa: la Roma sta provando a convincere l'ex ct. E proprio per questo a Trigoria sono abbastanza infastiditi quando, nell'accostare il tecnico salentino ai giallorossi, vengono utilizzati i termini sogno o suggestione. Pur consapevoli dell'Everest da scalare, degli avversari da superare e del programma da presentare, la volontà di non lasciare nulla per intentato esiste, è reale. Poi riuscirci è un'altra cosa. Paradossalmente l'ingaggio è l'ultimo dei problemi. Perché un club che si appresta a salutare Dzeko e proverà a piazzare Pastore in estate, non avrebbe poi problemi ad accontentare Conte. Le difficoltà sono altre e riguardano soprattutto il programma. O per dirla con le parole dell'allenatore, il famigerato «progetto». In questi 8 anni di gestione Usa, la società s'è sempre contraddistinta per un trading di calciatori molto aggressivo. Non che non si sia speso (per intenderci: nell'ultima sessione estiva, Monchi ha investito la bellezza di 145 milioni, senza considerare i bonus) ma spesso ci si è privati degli elementi migliori, quelli più richiesti dal mercato. E anche quest'anno, soprattutto se non venisse centrata la qualificazione alla Champions, il copione sarebbe lo stesso, con big quali Manolas, Dzeko, Under e Pellegrini in bilico.
NON SOLO SOLDI - Operazioni che servirebbero non tanto per rientrare nei parametri finanziari entro il 30 giugno (dove a bilancio figurano già le cessioni di Strootman e di Alisson) ma in ottica futura, sapendo di non poter contare sui milioni della maggiore competizione europea per club. Una falsa partenza che rischia di minare in partenza il corteggiamento a Conte. Che però, ama lavorare circondato da persone di assoluta fiducia. E a Trigoria ritroverebbe Totti, Vito Scala, De Rossi e Florenzi, con le quali in nazionale ha legato molto. Senza contare che in ballo c'è ancora la questione legata a Petrachi, suo amico fraterno. La differenza quindi la farà cosa Pallotta (che al nome di Conte in privato, fa finta di non conoscerlo, ndc) sarà in grado di garantirgli. Se Sarri, probabilmente al momento il candidato in pole per la panchina giallorossa, è un tecnico che più volte ha dichiarato (pubblicamente e in privato) di essere abituato a lavorare con il materiale che il club gli mette a disposizione, Conte è stato capace nel 2004 (dopo aver vinto 3 scudetti consecutivi) di lasciare la Juventus, «perché non puoi sederti al ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca». In una parola: ambizione. E la domanda, senza girarci troppo intorno, è proprio questa: la Roma è ambiziosa quanto Conte?