18/05/2019 14:23
IL MESSAGGERO (G. LENGUA) - Sono bastate meno di 24 ore per radunare circa 2000 tifosi in piazza Guglielmo Marconi all’Eur sotto la sede amministrativa della Roma. L’obiettivo era contestare pacificamente l’operato della società per il mancato rinnovo di contratto di Daniele De Rossi, simbolo di un’intera tifoseria. L’appello ha avuto successo, anche se all’interno dell’edificio non c’erano dirigenti perché in partenza per Reggio Emilia con la squadra, solo Fienga era a Roma ma impegnato in appuntamenti di lavoro. Poco prima delle 15 i capi ultras hanno distribuito delle locandine con impressa l’immagine di De Rossi (la stessa che si trova su un murale a Ostia) con la scritta «le leggende non si toccano». Al grido “Pallotta vendi la Roma” sono cominciate le rimostranze che non hanno risparmiato nessuno: il vicepresidente esecutivo Baldissoni, l’ad Fienga e il consulente Baldini. Qualche dipendente del club si è affacciato dal balcone al secondo piano della sede filmando con una telecamera, ma dopo poco è stato fatto rientrare per evitare di surriscaldare gli animi dei tifosi.
DELUSIONE VIRALE - La protesta è poi proseguita pacificamente davanti agli occhi di polizia in assetto antisommossa e personale della Digos, non sono state esplose bombe carta o petardi ma è stato accesso solo qualche fumogeno. Decine di giornalisti, cameraman e fotografi sono stati liberi di riprendere la contestazione diventata virale sui social. E probabilmente era questo l’intento: diffondere il messaggio il più possibile per convincere l’attuale management a passare la mano. Messaggi già lanciati nella notte con altri striscioni, e nelle varia città del mondo, vedi Londra e Sidney. Il primo striscione esposto dai tifosi all’Eur recitava «Le bandiere non si ammainano. Si difendono e si onorano. Dirigenza di cialtroni senza rispetto», lungo circa 20 metri e sorretto da più di 50 persone. Il termine azienda, utilizzato più volte da Fienga, per definire la Roma, non è stato digerito da chi ritiene il club molto di più una fredda impresa «L’AS Roma è la nostra leggenda. Solo gli indegni la chiamano azienda», è il testo del secondo striscione esposto in cima a una scalinata. Dietro enormi bandiere e decine di persone con la maglia del numero 16. Il terzo messaggio recapitato al club riguarda il progetto del nuovo impianto su cui sta lavorando Pallotta «No al nuovo stadio» è lo striscione che è stato esposto fino alla fine della contestazione durata un’ora e 45 minuti. Poi ancora «L’AS Roma appartiene a noi», «Stemma, barriere e simboli di Roma. La vostra azienda deve finire ora». Messaggi forti, che magari resteranno inascoltati. Forse.