01/06/2019 15:01
LA REPUBBLICA (M. CALANDRI) - «A questa storia della Roma non ci voglio credere. Meglio: non ci posso credere. Però…». Francesco ‘Ciccio’ Graziani è al Mugello per la MotoGP, ospite del manager Carlo Pernat.
È un grande appassionato di motori, ma oggi come si fa a non parlare di quello che accade al club giallorosso?
«Fa male, leggere certe cose. Mi hanno sorpreso, ferito. Sono responsabile di alcune Academy della Roma, ogni tanto vado a Trigoria: posso assicurare che tra i ragazzi ho sempre respirato un clima sereno, tranquillo. Pure troppo. Con tutti quegli alti e bassi nei risultati, è finita male e l’ambiente si è sfiduciato. Forse con un po’ più di tensione non sarebbe andata così, ai preliminari di Europa League quando eravamo da Champions».
Che disastro.
«La società dovrà rivedere i suoi piani, abbassare il monte-ingaggi. Si comincerà a lavorare a giugno perdendo i soldi degli incontri internazionali in programma questa estate».
Si riparte da zero?
«Si riparte con obiettivi precisi e raggiungibili. Uscendo dalla confusione, dalle maldicenze. Il prossimo anno lascerei perdere dichiarazioni roboanti e obiettivi impossibili: punterei a chiudere tra le prime 4, giocarmi la Champions. E solo allora, cominciare a sognare un poco. Con metodo».
Ma come si fa, in questa città?
«Se rinasco, faccio tutta la carriera in giallorosso. Non c’è niente di meglio per la passione, l’entusiasmo, la disponibilità. In tre anni e mezzo di carriera con la Roma ho vinto due Coppe Italia, perso una Champions e per due volte chiuso al secondo posto. Quella squadra meritava molto di più. Ma la città ci ha sempre coccolato, perdonato. Penalizzato, per troppo amore. Ti fa sentire re, quando non sei nemmeno principe. E, senza accorgertene, ne approfitti».
Tutti contro tutti, quest’anno.
«Per quella che è la mia esperienza da giocatore e tecnico, in tanti anni non ho mai lavorato “contro” un compagno di squadra o la società: non avrei fatto il mio interesse. Meglio dare il 100%: sempre».
De Rossi e altri tre senatori sono accusati di aver tentato di far cadere Totti e Monchi.
«Mi sembra impossibile. È vero, se Pallotta avesse più tempo per stare a Roma sarebbe meglio, ma lui delega e mi risulta che ci siano persone delegate a fargli avere dei rapporti tutte le settimane, addirittura quasi tutti i giorni. Secondo me sono loro — quelli che hanno avute le deleghe — quelli che dovrebbero raccontare come sono andate le cose: ma sono sicuro che hanno sempre raccontato tutto al presidente».
Povero Totti.
«Totti è l’immagine della Roma: nessuno dei due può fare a meno dell’altro. Credo che per Francesco dovrebbero trovare presto un ruolo più consono alle sue capacità e alle
sue ambizioni: qualcosa strettamente legato al settore tecnico. Potrebbe essere quello che Nedved è per la Juventus».
De Rossi, invece.
«C’erano modi e tempi migliori per parlare con lui. Alla fine della stagione la società ha cercato di recuperare la situazione, ma si poteva fare meglio. Anche lui, come Totti, è uno di quelli che dovrebbe restare indissolubilmente legato alla società. Come Florenzi, un giorno».
L’As Roma è una polveriera.
«Problemi tra rapporti giocatori e allenatore, tra ds e squadra: ci può stare. Ma che De Rossi abbia tramato contro di lui, mi sembra difficile: quei due sono come fratelli».