18/06/2019 15:21
IL MESSAGGERO (L. DE CICCO) - Arrivare allo strappo, ma senza intestarsi il «no». Tenere il punto sulle opere pubbliche promesse, rigettando accordi al ribasso e lasciare che siano i privati a sfilarsi. Quando? «Se rottura sarà, avverrà entro l'estate», dice chi lavora negli uffici di Virginia Raggi. La sindaca è pronta a cogliere l'assist di Totti, a sfruttare cioè il malcontento contro il patron giallorosso James Pallotta, già finito sulla graticola per il mancato rinnovo di De Rossi, per giocare da una posizione di forza il match finale sul progetto stadio a Tor di Valle. La partita aveva preso una piega pericolosa, negli ultimi mesi, perché i proponenti, al tavolo con i dirigenti del dipartimento Urbanistica del Comune, da aprile hanno iniziato a pretendere di ritrattare alcuni punti cardine del progetto, quelli giudicati essenziali perché sussista l'«interesse pubblico».
BRACCIO DI FERRO I privati vorrebbero sganciarsi da alcuni obblighi fissati dalla delibera del 2017, quella con cui i grillini hanno dato il via libera preliminare all'operazione. I proponenti vorrebbero per esempio far sparire la condizione che lega l'apertura dello stadio (e del mega complesso di negozi, uffici e alberghi) al fatto che «contestualmente» siano pronte tutte le infrastrutture promesse. E cioè l'unificazione dell'Ostiense-Via del Mare e il riammodernamento della disastratissima ferrovia Roma-Lido, che da delibera del 2017 dovrebbe viaggiare con «16 treni l'ora», cioè una corsa ogni tre minuti e mezzo, mentre oggi se va bene passa un convoglio ogni venti minuti. I privati evidentemente non si fidano degli investimenti ipotizzati sin qui, cioè i 45 milioni di «contributo per la mobilità» che dovranno tirare fuori loro, più i 180 milioni che si è impegnata a spendere la Regione, ma su tutta la tratta, non solo a Tor di Valle. Raggi ha fatto capire che non accetterà sconti. Il Campidoglio, con una mail ufficiale del 13 maggio firmata dalla direttrice del Dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, ha già messo in chiaro che se non ci sarà un riavvicinamento sarebbero «rimessi in discussione gli elementi qualificanti del già dichiarato interesse pubblico». Insomma, l'amministrazione virerebbe dal sì al no. Come vorrebbe una fetta sempre più larga dei 5 Stelle. Tutto questo mentre va verso l'archiviazione l'inchiesta sul IX Municipio.
Roberta Lombardi, prima, storica capogruppo grillina alla Camera, traslocata ora alla Pisana, ieri lo diceva dritto: «Totti ha ragione, questa dirigenza è lontana dalla città, non le vuole bene. E infatti si è incaponita su un progetto insensato, che dopo gli arresti e tutti i problemi alla viabilità riscontrati dal Politecnico di Torino, non farebbe che peggiorare le cose. Meglio ritirare l'interesse pubblico».
Anche nella giunta di Raggi più di un assessore ormai scommette sulla fine del progetto. «Ma tocca trovare il modo». Capire cioè come sganciarsi. Raggi, dicono i suoi, non vorrebbe intestarsi la bocciatura del progetto. Ma se la Roma, come pare, non farà passi in avanti sostanziali sulle opere pubbliche promesse, potrebbe essere più che sufficiente per far saltare la trattativa. Anche perché ormai nemmeno i tifosi difendono più il progetto: «Noi lo stadio non lo vogliamo», gridano in coro dal 17 maggio scorso, giorno della contestazione per l'addio di De Rossi. E lo stesso viene scritto sugli striscioni. Insomma, Raggi in questo si sente rafforzata. Ieri, nel giorno dell'addio del Capitano, si è schierata con Totti. «Le bandiere restano sempre. I tifosi sanno riconoscere le persone vere. Tu lo sei. Daje Francè», ha scritto su Twitter. Oggi il vicepresidente esecutivo del club, Mauro Baldissoni, sarà di nuovo in Comune, al dipartimento Urbanistica, per un vertice tecnico sulla convenzione. Si riparte dalla «distanza marcata» filtrata ampiamente nei giorni scorsi. Con la sindaca invece il numero due di Pallotta si dovrebbe rivedere la prossima settimana. Il clima è da resa dei conti.