16/06/2019 14:29
IL TEMPO (A. AUSTINI) - Finisce nel modo peggiore possibile. Rabbia, distanza, gelo, rancore e accuse reciproche: la storia tra la Roma e Francesco Totti, esempio rarissimo di romanticismo nel calcio, si chiude con un mix micidiale. Il capitano ha deciso di lasciare il club e domani lo annuncerà ufficialmente in una conferenza stampa organizzata dalla
cognata Silvia, sorella di Ilary Blasi, nel Salone d'Onore del Coni, dove l'amico Giovanni Malagò gli spalancherà le porte «in quanto campione del mondo - spiega il numero 1 del Comitato Olimpico - e Collare d'oro, che è la massima onorificenza dello sport». La Roma lo è venuto a sapere dai media dopo che il ceo Fienga al telefono ha provato a convincere l'ex capitano a prendersi quantomeno altro tempo. Nessuna dimissione formale, solo un saluto freddissimo e polemico.
Totti dirà addio alla Roma lontano da quella che è stata la sua casa per trent'anni, gli ultimi due nei panni da dirigente che non ha mai sentito come suoi. E allora meglio chiuderla qui prima di rovinarsi il resto della vita a vicenda con la Roma. Perché questo stava succedendo in un rapporto che con la proprietà americana non è mai decollato. Un retroscena spiega quanto sia insanabile la frattura: quando Pallotta, durante le riunioni della scorsa settimana a Londra con i dirigenti e Fonseca, è stato informato che Totti era intenzionato a rifiutare l'offerta di promozione a direttore tecnico, ha provato a telefonare all'ex capitano e non ha ricevuto risposta. Non solo Totti si quindi rifiutato di partecipare ai meeting con la società, ma è arrivato al punto di non voler neppure parlare con Pallotta. Cosa che, in realtà, non è mai stata facile per distanze linguistiche e culturali incolmabili.
Come per l'addio altrettanto lacerante di De Rossi, questa è una storia senza innocenti e con un uomo al centro dello scontro: Franco Baldini. Il consigliere più fidato del patron di Boston è diventato il nemico numero 1 nella testa di Totti. L'ex capitano lo ritiene l'ispiratore della scelta fatta dalla Roma nel 2017 di non rinnovargli il contratto da calciatore. Aveva quasi compiuto 41 anni, ma voleva continuare a giocare. Una volta iniziata la sfortunata avventura da dirigente, senza una qualifica specifica e tantomeno un'idea precisa sul settore a cui dedicarsi, Totti ha capito che il dirigente toscano era ancora lì a partecipare ai processi decisionali della società, seppur a distanza. E allora, si è detto, io che ci sto a fare se non conterò mai nelle scelte quanto Baldini? Un malessere maturato nel tempo, insieme alla consapevolezza che sul piano economico può guadagnare molto di più dei 600mila euro del contratto attuale col club grazie alle attività personali: dal libro, al docu-film fino agli inviti in giro per il mondo alle partite di esibizione. Ed è proprio su questo che si basano le contro-accuse della società, delusa dal fatto che Totti in questi due anni si sia impegnato più per curare il suo «giro» e poco per crearsi una nuova strada in sinergia con la Roma.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è statala selezione del nuovo allenatore, con Totti che spingeva prima per Conte e ha buttato lì il nome di Mourinho, poi, facendo i conti con la dura realtà di una Roma dall'appeal ridimensionato, ha spinto per Gattuso e Mihajlovic. Ma Pallotta ha ascoltato altri (non Baldini in questo caso) e ha ingaggiato Fonseca, facendo sentire l'ex capitano ancora una volta poco coinvolto. Secondo il presidente, la verità è molto diversa: «Fienga gli ha proposto il ruolo di direttore tecnico - ha spiegato Pallotta venerdì in un'intervista al sito del club - uno dei più importanti nella nostra area sportiva e questo spiega tutto su quello che pensiamo di Francesco. Nelle ultime decisioni ha avuto un peso che neanche lui pensa di avere». Ma Totti non avverte questo, non si fida degli altri dirigenti (in parte solo di Fienga) e l'unica parte delle parole di Pallotta che gli è interessata è stato il passaggio in cui il presidente nomina «Franco». Baldini, appunto. Che per Totti è il diavolo e quindi bisogna andarsene. Insomma se l'intervista di Pallotta doveva essere l'estremo tentativo per ricucire, ha sortito l'effetto contrario. Francesco è deluso e determinato al tempo stesso e ieri non ha annullato una festa con gli amici che aveva organizzato da tempo a casa.
Domani al Coni, davanti a centinaia di giornalisti, sparerà bordate sulla Roma che non sarà rappresentata da nessuno - c'è da scommetterci - il giorno dopo partirà con la famiglia per una vacanza a Ibiza, poi avrà tutto il tempo per valutare cosa fare in futuro: di sicuro continuerà a divertirsi e guadagnare con gli eventi, al tempo stesso ragionerà anche sulla proposta della Figc nel settore giovanile («Aspetto un suo cenno» ha detto il presidente Gravina) ma soprattutto su quella di diversi amici procuratori che gli propongono di collaborare. E un giorno, chissà, potrà tornare alla Roma quando saranno altri a gestirla. In fondo è un arrivederci, come quello di De Rossi, ma ha il sapore amarissimo di un amore finito.