23/09/2019 13:34
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Alzi la mano chi, una volta conosciute le formazioni, non abbia pensato: ma come, Zaniolo, cioè colui che da solo si era mangiato un'intera squadra turca, non gioca? Dentro ancora Kluivert, per la quinta volta di fila dal primo minuto. Più sorprendente, però, il no a Nicolò oppure il sì a Justin? Un interrogativo che, a fine gara, passa in archivio dovendo forzatamente lasciare spazio alle prestazioni di due ex ragazzetti, mai in competizione tra di loro: Kolarov, l'autore della prima rete, ed Edin Dzeko, il capitano dei tre punti. In una Roma che si interroga (e si interrogherà, vedrete) sul dualismo tra i ventenni Zaniolo e Kluivert, sono i due ex City, che 20 anni non li hanno più da un pezzo, a meritare la prima pagina. Il serbo continua a segnare come una punta, il capo bosniaco è una sentenza. Nonostante l'inferiorità numerica, la Roma ha provato fino all'ultimo a portare a casa la vittoria e alla fine è stata premiata con il gol numero 91 del Cigno di Sarajevo, specialista nel regalare grandi emozioni ai tifosi della Roma. Una Roma che, attesa al primo esame lontano dall'Olimpico, ha dimostrato di non soffrire di mal di viaggio e che ha centrato la terza vittoria di fila dopo esser andata ancora una volta in vantaggio (quinta volta in cinque partite). Kolarov, terzo gol in campionato, appare insostituibile, e non soltanto per l'esperienza e la personalità che porta in campo: Paulo Fonseca non riesce proprio a farne a meno perché Alex gli dà tanto in entrambe le fasi di gioco. Il calcio di rigore che gli ha fischiato contro il pessimo Pairetto rappresenta più una macchia per il neo capelluto arbitro torinese che per il serbo. Sesto gol su punizione diretta, per Kolalove: ai suoi livelli, negli ultimi tre campionati, soltanto un certo Leo Messi. Vi pare poco?
BOSNIACO NEL CUORE - Sul conto di Dzeko, ormai, si fa fatica a trovare i giusti aggettivi. Il bosniaco, al quarto centro stagionale, nella Roma si sente perfettamente a suo agio, detto in romanesco se la comanda e in campo si muove da padrone. Dall'alto di una classe superiore che gli consente di fare ciò che vuole in fase di rifinitura e/o di finalizzazione. A Bologna ci ha provato, ci ha riprovato e in extremis, con tigna testaccina, ha fatto centro, correndo poi a braccia spalancate verso il settore dello stadio in cui erano sistemati i tantissimi tifosi arrivati dalla Capitale. Facendo battere loro il cuore com'era capitato qualche settimana fa quando la società annunciò il rinnovo del suo contratto. Perché la storia di Edin con la Roma non poteva, non doveva finire in quel modo; perché era giusto andare avanti insieme costruendo a braccetto nuove avventure. Come accaduto in una domenica di autunno lontano da casa.