11/11/2019 13:22
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - E' sempre una pessima notizia quando perdi la partita e il tuo miglior uomo in campo è stato il portiere. In questi casi, lo suggerisce la logica, non puoi, anzi non devi accampare alcun tipo di alibi per spiegare la sconfitta. A Parma, la Roma ha infilato il secondo ko consecutivo della stagione, il terzo in totale, pagando la bravura degli avversari e, soprattutto, le proprie debolezze. Fisiche, soprattutto. I giallorossi sono apparsi stanchi, assai poco brillanti, scarsamente reattivi. Prima o poi, la fatica per i tanti impegni ravvicinati si doveva far sentire e a Parma se ne è avuta l'amara conferma. Troppi elementi, non solo quelli meno giovani, hanno infilato una prestazione insufficiente non tanto per l'impegno quanto per la (in)capacità di incidere sulla partita.
Paulo Fonseca non ama il turnover e, quindi, al Tardini ha confermato per dieci undicesimi la squadra che giovedì sera aveva perso a Moenchengladbach, con il solo Spinazzola al posto di Santon. Solo che l'ex atalantino si è presto (ri)fatto male, e così Santon è stato costretto a entrare già nel primo tempo. La stessa Roma di Germania, insomma. E pensare che il portoghese, vista la gente che aveva in panchina per ogni reparto, avrebbe potuto optare per una soluzione diversa: invece si è fidato dei soliti noti, ma non è stato ripagato. Ci si aspettava molto di più da chi era delegato a far gol, ma anche da chi avrebbe dovuto aiutare il gruppo a preparare la fase di finalizzazione. Sono mancate tante cose contro un Parma basso e abile nelle ripartenze. E soprattutto con una forza nelle gambe nettamente superiore a quella della Roma. Alla quale si chiedeva un ultimo sforzo prima della sosta, dopo il tanto giocare delle settimane precedenti, ma forse le si è chiesto troppo.
VECCHI E GIOVANI - Ovviamente nessuno sa cosa sarebbe accaduto se la Roma si fosse presentata al Tardini in una veste diversa, ma il dubbio che la squadra abbia pagato tanto (troppo...) i propri limiti di tenuta atletica resiste con forza. Dzeko, ad esempio, si è visto solo quando ha ripreso duramente questo o quel compagno, ma lui non può riposare non essendoci alternative. Kolarov è in debito di ossigeno, Pastore non è sembrato quello scintillante di una settimana fa: i meno giovani, dicevamo, hanno faticato più di altri che non possono e non devono sentirsi esenti da responsabilità. Anzi, proprio per essere più giovani avrebbero dovuto dare un contributo diverso, maggiore. Ha perso la Roma, in sintesi; non hanno perso questi o quelli. Ed è complicato nascondere la delusione.