02/12/2019 16:00
IL FATTO QUOTIDIANO (L. VENDEMIALE) - La tregua è durata un anno e mezzo. Adesso il pallone italiano è di nuovo nel caos. Dietro le dimissioni del presidente della Serie A Gaetano Miccichè c'è una lotta di potere, e di interessi economici: in ballo i governi dello sporte almeno tre miliardi di euro, quelli dei diritti tv della SerieA per il triennio 2021-2024. Un affare che manda avanti l' intero carrozzone, e su cui è in atto uno scontro fra chi vuole fare il canale della Serie A (con l'aiuto degli spagnoli di MediaPro, ma togliendo il business a Sky), e chi invece preferisce continuare con la pay-tv. Con lo stallo fra gli schieramenti, qualcuno ha deciso di sganciare una bomba sulla Lega. L'esplosione, però, è incontrollabile. La Serie A è rimasta senza guida ed è già pronto un piano per modificare lo statuto e rimpiazzare anche la figura dell'amministratore delegato con un "comitato esecutivo" fatto dagli stessi presidenti delle squadre. In piena trattativa sui diritti tv, con all'orizzonte anche le elezioni della FederCalcio, guerra totale fra i padroni del pallone: ognuno persegue le sue mire, più o meno segrete. Il rischio è che alla fine restino solo macerie. Enrico Preziosi. In ogni giallo che si rispetti l'assassino è sempre il maggiordomo. Il presidente del Genoa ci sta bene in questi panni: è stato lui, con le sue dichiarazioni, a sollevare il caso dell'elezione irregolare di Miccichè. Preziosi, però, non si muove quasi mai da solo. Se lui è il "sicario", chi è il mandante? Gabriele Gravina. Il presidente Figc negli ultimi tempi ha parlato spesso della Lega, di quanto avrebbe bisogno di riforme. Chissà che non possa provarci lui, ora che è rimasta senza guida: per il momento invierà un fiduciario per convocare nuove elezioni, se non dovesse bastare potrebbe proprio commissariare la Lega (e cambiarne lo statuto). L'ultimo che ha tentato di prendersi il pallone (Malagò) ne è uscito con le ossa rotte. Ma Gravina ha già detto che non farà lui il commissario. Negli ultimi tempi non ha sbagliato una mossa: grazie ai successi della nazionale (per l'opinione pubblica conta solo questo), una gestione moderna e una fitta rete di contatti e consiglieri, in questo momento è il vero uomo forte del pallone. Luigi De Siervo. E arrivato da Infront per guidare l'anarchica Serie A e trovare un'alternativa al mercato in crisi delle pay-tv, a partire dal canale della Lega. L'impresa però si sta rivelando più difficile del previsto. Dopo l'uscita di Miccichè resta solo lui nel mirino di chi vuol fare piazza pulita del governo della Lega: ha tre mesi di tempo per riportare l'ordine altrimenti il commissariamento metterà in discussione anche lui. La sua presenza è ingombrante, il suo posto (con tanto potere e un ricco stipendio) fa gola. Claudio Lotito. È il padrone del caos: nella confusione si muove come nessuno. Per lui le dimissioni di Miccichè sono soprattutto un'opportunità per alzare la posta: un'altra elezione da gestire, nuove occasioni di accordi e alleanze. Da capo delle fazioni medio-piccole, chiedeva più soldi dai diritti tv e spingeva per Media pro. Ora gioca col commissariamento: con il nuovo "comitato esecutivo" da manovrare potrebbe riprendersi la Lega, altro che manager esterni. Dovranno trattare tutti con lui. Come sempre. Gaetano Miccichè. Un anno e mezzo di presidenza non indimenticabile: ha gestito la partita sui diritti tv vinta da Sky-Dazn, non ha mai sgombrato il campo sui suoi possibili conflitti d'interesse, da consigliere Rcs epresidente di Banca Imi. Il complotto che lo ha impallinato, però, lo ha quasi riabilitato: le "plurime irregolarità" (come le ha chiamate il procuratore Pecoraro) ricadono su chi le ha commesse e non su di lui. Tanto che ora qualcuno lo rivorrebbe presidente.
Giovanni Malagò. Era lui il vero obiettivo dell'inchiesta su Miccichè: chi l'ha innescata voleva colpire soprattutto il n.1 del Coni, che guidò quell'assemblea, e ne ha la responsabilità (sicuramente morale, chissà se giudiziaria). Veleni che provengono dal passato, dal disastroso commissariamento del calcio e dall'ultimo anno di guerra al governo per la riforma di Sporte Salute. Dopo aver provato a prendersi tutto e aver perso tanto, è costretto a difendersi. Urbano Cairo. Un anno fa era trai sostenitori del canale della Lega, poi all'improvviso ha cambiato idea. Il presidente-editore ha deciso di diventare leader delle "big" in Lega (ma il suo Torino lo è?) e si è messo di traverso al progetto di Mediapro. In fondo lo sbarco degli spagnoli aprirebbe in La vicenda Italia un altro fronte editoriale. E poi il modo in cui è stato impallinato il"suo" consigliere Miccichè non gli è piaciuto per nulla: affila le armi.
Andrea Agnelli. Proiettato nella dimensione di leader del football europeo, il suo sogno è creare la Super Lega, che proprio nei governi del pallone italiani ha incontrato forti resistenze. Questo non significa che si disinteressi delle vicende nostrane: c'era anche il suo zampino nella famigerata elezione di Miccichè. Quanto allatv, lasuaJuve e le big hanno sempre avuto un buon rapporto con Sky: perché cambiare.
Cosimo Sibilia. Il capo dell'impero dei Dilettanti, n. 2 Figc, aspira a diventarne presidente al prossimo giro, come da accordi presi alle ultime elezioni. Nel calcio, però, le promesse se le porta via il vento: anche lui non ha passato mesi tranquilli, per la squalifica del suo revisore De Luca (che ad alcuni è suonata come un avvertimento politico). Adesso si tiene lontano dagli intrighi tra Lega e Figc, aspetta modi e tempi giusti per reclamare ciò chegli spetta.
Marco Bogarelli. Il mago dei diritti tv non ha incarichi ufficiali nel pallone italiano, eppure lo si incontra sempre più spesso allo stadio o nei palazzi che contano. Era uscito dal mondo del pallone per l'inchiesta (archiviata) su Infront, dopo essere rientrato dalla finestra della Serie C di Gravinaorasognail ritorno in grande stile: c'è la sua preziosa consulenza dietro l'offerta degli spagnoli di MediaPro. Una rivoluzione. E dalla rivoluzione nasce la guerra.