16/03/2020 16:27
GASPORT - Al quotidiano sportivo ha rilasciato un'intervista il giocatore dell'Atalanta Robin Gosens sulla situazione legata al Coronavirus. Uno stralcio delle sue dichiarazioni:
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E Bergamo è la città più pericolosa...
«Esatto: non solo la provincia vicina, ma proprio Bergamo che oggi è una città fantasma. Mi hanno parlato di pagine e pagine dell’Eco di Bergamo piene di necrologi: una cosa spaventosa. E’ stato lì che mi sono detto: “Io e Rabea, la mia fidanzata, dobbiamo parlare: forse è il caso che lei torni in Germania”. Ma è voluta rimanere con me, e insieme abbiamo deciso che restasse».
E insieme avete saputo di Rugani: il virus aveva contagiato anche il vostro mondo.
«Quel giorno abbiamo pensato tutti: e adesso chissà quando torneremo a giocare. Pensai alla quarantena: per lui, i compagni, gli avversari. Pensai che siamo davvero tutti sulla stessa barca. E infatti da oggi sono in autoisolamento anche io, ma non è cambiato nulla: in pratica lo ero già da mercoledì. Sono preoccupato quanto lo sono da giorni, né più né meno».
Com’era cambiata la vostra vita di calciatori, prima che vi togliessero il calcio?
«Era cambiata la testa: non si parlava più di calcio, ma di Coronavirus. E di come sarebbe cambiata la nostra esistenza, a cosa avremmo dovuto fare attenzione: non si è parlato più di vita, ma di come vivere».
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Poi siete tornati in Italia dopo la Champions, e vedendo quanto stavano sottovalutando il problema in Spagna vi siete chiesti: è stato sottovalutato anche in Italia? Tardi per fermare tutto?
«L’abbiamo sottovalutato tutti, io per primo. “Al massimo è un’influenza”, mi dicevo. E sono uscito, sono andato al ristorante, ho incontrato gli amici. Non conoscevamo questo nemico e la sua capacità di contagio, lo abbiamo capito solo quando i casi erano già tantissimi. Troppi. Quando ci hanno spiegato il significato di quelle due parole: zona rossa».
Ha paura che non finiscano la Serie A e la Champions?
«Mi chiedo come faranno, quale potrà essere la soluzione che accontenti tutti: davvero non so come finirà. E’ brutto essere smarriti, ma lo siamo».
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