Coronavirus, Prandelli: «Ho già perso troppi amici. Questo non è il momento del calcio»

27/03/2020 16:18

GASPORT - L'ex ct della nazionale italiana Cesare Prandelli ha vissuto in prima persona questa emergenza coronavirus, lui che è nato a Orzinuovi, poco distante da Brescia, città tra le più colpite in Italia dall'epidemia Covid-19. Queste alcune delle sue dichiarazioni rilasciate al quotidiano sportivo oggi in edicola:

«Ero lì tre settimane fa, da mia mamma. Domenica mattina in piazza, a chiacchierare con gli amici di una vita. Girava già la voce della chiusura totale. Si parlava di una sfida a bocce con una società di Codogno che era venuta a Orzinuovi. Un paio di persone che erano state al bocciodromo risultavano contagiate. Qualcun altro parlava di torneo di carte. Qualcuno della fiera del fieno che ha sempre attirato in paese gente di Cremona e Lodi. Avevo impegni di lavoro a Firenze. Sono ripartito. Il giorno dopo è diventata zona rossa».

E ha cominciato a ricevere notizie di morti.
«Dalfio era un grandissimo amico, da secoli. Ha fatto anche il custode a Collecchio, quand’ero al Parma. Era in piazza quella domenica mattina. Ho pure scherzato: “Io ho il fisico, ma tu sei cagionevole. Vai a casa...” Poi ho sentito sua moglie. Negli ultimi giorni non ha potuto neppure stargli vicino in ospedale. Terribile. Ho perso molti amici e conoscenti: un prete, un medico, un rappresentante... A Orzinuovi, 13.000 abitanti, morivano in media 100 persone all’anno. Ne sono morte 90 in tre settimane. Una strage. L’altra mattina hanno celebrato 13 funerali. E poi gli amici e i conoscenti di Brescia».

(...)

Come ripartirà il calcio?
«Guardi, per ora ho un sentimento di repulsione. Io associo il calcio al divertimento, alla gioia. Questo non è il momento del calcio. Però mi aspetto che questa tragedia faccia crescere anche il calcio come il Paese».

Per ora si discute di bilanci, stipendi e aiuti statali.
«Capisco che il calcio sia azienda e abbia le sue preoccupazioni, ma sarebbe immorale ridursi a discutere di stipendi quando la gente muore e perde il lavoro. Si è voluto mandare avanti il carrozzone a tutti i costi, tra porte aperte e chiuse, con le conseguenze che sappiamo. Davanti a certe logiche, resto disgustato. Mi auguro che la ripresa non sia affrettata. Le condizioni di sicurezza non bastano. Servono tempo e sensibilità».

Cioè?
«Bisogna lasciare decantare il lutto e il dolore. Ci vuole rispetto per chi ha sofferto. Non si può passare dal cimitero allo stadio in un giorno; da un convoglio di 150 bare alla ola. Se il calcio perde 3 o 4 mesi non cambia nulla. Non devono essere pronti a giocare solo i calciatori, deve essere pronta anche la gente a gioire».

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Cosa vede in Europa?
«Sono affascinato dai centrocampisti che cercano l’uno contro uno da lontano e creano superiorità. Le grandi ce li hanno. In Italia vedo solo Castrovilli, che salta l’uomo anche molto basso, Barella e Tonali. Zaniolo parte più alto».