21/03/2020 16:40
LA REPUBBLICA (G. MURA) - Non bisognerebbe scriverlo, ma è sempre vagamente piacevole scoprire che esistono emeriti imbecilli anche oltre i nostri confini. Il più imbecille della settimana, al punto che nemmeno gli giro un voto, è Diego Costa, attaccante dell’Atletico Madrid. Dopo la clamorosa vittoria a Liverpool (ma non per merito suo: sostituito da Simeone) ha attraversato la zona mista senza rilasciare dichiarazioni ma tossendo caricaturalmente e senza protezioni. Resto in attesa che il suo club lo multi, ma ne dubito, oppure lo stanghi l’Uefa. Previa traduzione di quella parolina (“respect”, anagramma spectre) che tutti i partecipanti alla competizione recano sulla maglia. Un altro imbecille è Rudy Gobert, cestista francese, centro degli Utah Jazz. Dopo la gara con gli Oklahoma City Thunders ha concluso la conferenza stampa toccando tutti i microfoni e gli smartphone sul tavolo. Prima reazione: sciocchino, va bene voler esorcizzare la paura del contagio ma c’è modo e modo. Già, anche perché Gobert non sapeva di essere contagiato. Seconda reazione: sciocchino è un complimento. Segue lungo comunicato in cui Gobert si pente («sconsiderato», «non ho scuse»). Con i Jazz ha chiuso. Non meno imbecilli, ma anonimi, i tifosi del Psg assiepati fuori dallo stadio. Evitare gli assembramenti? Ecco la risposta. Poi è evidente che gli imbecilli li abbiamo anche noi. Un amico m’ha detto che a Milano, parco Sempione, venerdì sembrava ci fosse un raduno di corridori a piedi. Senza la distanza di un metro, con la libertà di tossire e sputazzare. Incoscienti, dite? Ma se un incosciente non recupera un minimo di coscienza nemmeno in situazioni come quella che stiamo attraversando è un imbecille pericoloso. La situazione che stiamo attraversando, però, permette di dire che gli imbecilli sono una minoranza e la brava gente una maggioranza. La parola buonismo è scomparsa, spero per sempre ma non m’illudo, e con forza ricompaiono solidarietà, doveri, responsabilità, unione, sacrifici. E sotto questo ombrello, difesa e coesione, ci stanno tante cose: la maglietta esibita dall’Atalanta a Valencia, dopo una serata stordente per emozioni, e dedicata a Bergamo: mai mollare. I versamenti di tanti sportivi, da Insigne a Bonucci, e di tanti club, da Zhang ad Agnelli. I 30 mila pasti caldi gratuiti che da oggi al 15 giugno Ernesto Pellegrini farà arrivare nelle case di anziani e famiglie bisognose di 17 comuni lombardi, da Busto Arsizio a Vigevano. Tutte le corriere di Senigallia incolonnate verso l’ospedale: suonano il clacson e hanno striscioni di ringraziamento. L’applauso a mezzogiorno, dai balconi d’Italia, per medici e infermieri in prima linea. I nuovi eroi, certamente. La ruota gira. Fino a due mesi fa, per loro c’erano più aggressioni che applausi, e si invocava un posto di polizia in ogni Pronto soccorso per evitare violenze e devastazioni. La ruota gira. In Italia sono stati picchiati cinesi ritenuti untori. Ma la Cina ci manda medici, mascherine, materiale sanitario. L’Europa, di cui facciamo parte, per ora ci ha mandato solo parole, e non sempre carine. Alleggerire? Su Domenico Marocchino si scrive volentieri, non solo perché da opinionista su Rai 2 ("A tutta rete") non è mai banale. A 63 anni, sempre la faccia di uno appena buttato giù dal letto, di un ex figlio dei fiori persosi tra Malibu e Valenza Po. “De profession bel zòven”, avrebbe detto Rocco di lui. Lo sapevano anche all’estero. C’ero all’aeroporto di Varsavia, Juve di passaggio per andare a giocare a Lodz. Agli sbarchi, gruppo di belle ragazze con un cartello in perfetto italiano: “Marocchino, vieni in discoteca a ballare con noi?”. Era l’83. Marocchino nella Juve giocava come se non fosse la Juve. Ignorando tutte o quasi le sacre regole. Il calcio era un gioco, la vita era bella perché c’erano (nell’ordine) le ragazze, le sigarette, il cinema, le mostre d’arte, i vini rossi. Boniperti, che conosceva i suoi polli, voleva inserire nel contratto una clausola: non più di 20 sigarette al giorno. No, disse Marocchino, sarebbe scorretto da parte mia, lei non ha tutti i mezzi per controllarmi. Non tutti, ma ex militari in pensione sì. Marocchino sembra appena caduto dal letto, ma era ed è sveglio. Li conosceva tutti, d’inverno li invitava a bere qualcosa al caldo. Una notte lo beccarono che rincasava alle 3. «Tutta colpa del presidente, insiste perché io respiri aria buona e io esco quando c’è meno smog». Su SW della scorsa settimana c’è molto amarcord suo. Domande giuste, risposte buone, Marocchino è un intellettuale mascherato e mi (gli) chiedo perché non abbia ancora scritto un libro sul suo calcio, dove si sbagliava da professionisti, come nella canzone di Paolo Conte. Ricordo lo stupore con cui raccontò i sistemi di controllo. «Telefonata a casa alle 22.30, massimo 22.45, e devo essere lì a rispondere. Li ringrazio. La mia ragazza arriva alle 20, e dopo chi ha più voglia di uscire?». Angolo della poesia: “Stupida America” di Abelardo Delgado: “Stupida America, vedi quel chicano/con un grosso coltello/nella mano ferma/non vuole accoltellarti/vuole sedersi su una panchina/a intagliare crocefissi/ma tu non glielo permetti./ Stupida America, senti quel chicano/che grida maledizioni in strada/ è un poeta/senza carta e matita/ e siccome non può scrivere/sta per esplodere./ Stupida America, ricordi quel chicanito/bocciato in matematica e in inglese/ è il Picasso/ dei tuoi stati occidentali/ma morirà/ con mille capolavori/appesi solo alla sua mente”.