Coronavirus, Marino: «La Cina insegna. La Serie A non ripartirà»

10/04/2020 14:26

LA REPUBBLICA - Il capo dell'area tecnica dell'Udinese Pierpaolo Marino si proietta già alla prossima stagione perché, come rivelato in un'intervista rilasciata al quotidiano oggi in edicola, sarà difficile la ripresa del campionato, soprattutto se la situazione di emergenza dovesse rimanere questa. Di seguito uno stralcio delle parole del dirigente bianconero:

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Il suo auspicio è che a giugno si ricominci a giocare?
«Io sono molto preoccupato, e faccio una valutazione che va oltre questa stagione e si proietta già sulla prossima, la cui integrità vedo in pericolo. La situazione è un poco migliorata, ma stiamo combattendo contro un nemico che sta vincendo: non si può pensare che basti l’abrogazione di un decreto per riprendere come niente fosse».
Pessimista?
«Realista. Ho sempre fatto riferimento a quello che accadeva in Cina, già a fine febbraio mi ero reso conto di ciò che sarebbe successo: a quell’epoca, i cinesi stavano uscendo dal contagio eppure nessuna squadra era in ritiro e non c’era nessuna data per l’inizio del campionato. Quando da noi si discuteva se giocare a porte aperte o chiuse, io dicevo che stavamo per entrare in un film apocalittico, e nessuno se ne rendeva conto. La Cina è due mesi e mezzo avanti a noi come esperienza di coronavirus, ma non mi risulta che abbia ancora deciso come e quando tornare a giocare».
L’Uefa però la decisione l’ha presa: la stagione va finita.
«L’Uefa è anche quella che fino a poche settimane fa non voleva rinviare l’Europeo o la . E che ha fatto giocare Atalanta-Valencia, con gli effetti che sappiamo. Chi pensa di programmare il futuro fa un esercizio in cui io non mi voglio cimentare».
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Cosa le impedisce di immaginare una ripresa?
«L’esperienza cinese, ma non solo. Chi si assumerà la responsabilità se nelle squadre troveremo un positivo? Noi dell’Udinese abbiamo fatto 14 giorni di quarantena dopo aver giocato contro la una partita che il governatore del Friuli non voleva che si giocasse, e aveva ragione lui: dovremmo accendere candele votive a chi ha evitato che anche noi ci contagiassimo».
Le società contrarie alla ripresa sono quelle in lotta per la salvezza: non state difendendo un interesse di parte, prima di tutto?
«Io ho una posizione personale che non è quella dell’Udinese. Non sono nemmeno il dirigente che rappresenta il club in Lega. Per me questa stagione ormai non vale più, è un anno di lutto e basta. Nessuno si ricorderà di chi ha vinto o perso questo che resterà nella memoria come il campionato del coronavirus. Non riesco a pensare al calcio che riprende dentro stadi spettrali».
Neanche se la ripresa fosse a settembre?
«Non sono né il presidente del consiglio né un virologo, non ho idea di come si svilupperà il virus né di come ci conviveremo. Non si riesce a programmare l’attività scolastica, come si può pensare a quella calcistica? Riparliamone quando ci sarà la possibilità di riprendere gli allenamenti a pieno regime. Al calendario mi dedicherò quel giorno lì. Oggi non dobbiamo pensare a ricominciare il prima possibile, ma a ricominciare. Che è ben diverso».
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